E’ difficile coniugare forti sentimenti con il lato oscuro, specialmente se questo avviene all’interno di una cornice apparentemente idilliaca e senza alcuna battaglia. Ma la guerra delle emozioni che si alternano senza soluzione di continuità dentro Viola, la risoluta protagonista di “Lo sappiamo bene che l’assassino non è tra di noi” prima opera letteraria di Roberta Paola Fornari, non lascia ne vincitori ne vinti, serrando però in maniera esemplare un cerchio aperto più per “indolenza” che per altro. La frase con la quale il romanzo termina è esemplificativa della grandezza del pianeta femminile, della coscienza di una donna che è prima di tutto madre, sorella, compagna e non tradisce, non tradisce mai, anche se sfiora e si rende complice di un “sogno”. Una certezza che traballa e forse conforta e che sotto le polveri brucia ardente passione. E mentre la vita arriva invasiva, suadente, bugiarda e manipolatrice attraverso accadimenti e situazioni impreviste c’è la crescita, la scoperta, l’amore universale e l’empietà che hanno i ricordi ed il lento incedere del passaggio temporale che ci racchiude dentro una fetta di torta dai molteplici sapori. Poco importa scoprire l’assassino se ne siamo inconsapevolmente complici con la nostra lontananza e con l’odierno ozio che non ci fa compiere teneri e piccoli gesti, fino a che un brusco risveglio ci apre definitivamente gli occhi spronandoci ad agguantare e masticare ogni secondo possibile come con “un salmone grigliato alla salsa di sherry con bietola rossa e perle di cous cous” cucinato da una persona che dal grande amore fece nascere, inavvertitamente, la cessazione di un esistenza, pietrificandone la propria.
A scoprirsi per noi oggi, attraverso poche semplici domande è l’autrice di un piccolo gioiello editoriale, edizioni Leucotea che fin dalla copertina riesce a mantenere il mistero e la suspense che promette. In questo periodo così altalenante e complicato leggere qualcosa di così elevato è di sicuro una conquista per il lettore e per chi lo recensisce. Roberta Paola Fornari sarà una delle ospiti di spicco sabato 20 maggio al Salone Internazionale del Libro di Torino.
Roberta, qual è stato il momento più faticoso della stesura del libro?
Indubbiamente la fine. La revisione del testo, dopo mesi e mesi di lavoro di cesello, è stata un’impresa ciclopica. Mi sono sentita molto sola e piena di incertezze.
Cosa ti ha spinta a scrivere questo tuo primo romanzo?
Un’urgenza. Avevo la guerra dentro; stati d’animo in conflitto, emozioni pulsanti: un groviglio di idee che premevano per uscire dalla mia testa. Ho creato personaggi di carta che potessero contenere e far loro questi sentimenti.
Come mai un giallo?
Non lo so. Più che un giallo mi piace definirlo un thriller psicologico. Ho iniziato a scrivere al buio, senza alcuna traccia o idea ben definita. I personaggi si sono man mano formati nella mia mente e li ho semplicemente seguiti. Sono partita da un viaggio interiore per poi intraprendere un viaggio reale in parallelo e approdare a un omicidio. I personaggi hanno deciso per me.
Quali consigli daresti a uno scrittore con la sua prima opera quasi pronta nel cassetto?
Essere determinati, rinunciare e non smettere di scrivere. Cercare e selezionare le case editrici che più si avvicinano al proprio genere, al proprio stile e inviare e-mail solo dopo aver scoperto il nome dell’editor di riferimento.
Io ci ho impiegato due anni a scrivere il mio romanzo, le ultime due estati senza vacanze. 24h su 24 a leggere, documentarmi, ascoltare musica, scrivere. L’unica pausa era la piscina. Una rinuncia vestita di gioia perché sono state le più belle vacanze della mia vita. Consiglio di partecipare a concorsi perché possono essere utili per conoscere persone con la stessa passione con le quali iniziare un rapporto di confronto. Io ho partecipato alle due ultime edizioni di “Io Scrittore” indetto dal Gruppo GeMS, da lì ho iniziato a frequentare contest letterari che sono stati una palestra importantissima. Concludo con la frase di Vittorio Alfieri, nella quale mi identifico: “Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli”.
Reazioni delle persone che conosci?
Meglio, infinitamente meglio di quello che mi aspettavo. Ho avuto dimostrazioni di stima, affetto e amicizia impensabili. Mi considero davvero fortunata ad avere avuto attorno persone così disponibili, amici che mi stanno supportando anche nella promozione del libro.
Mi ha molto colpito, leggendolo, sapere che per i personaggi collaterali, ti sei ispirata ai nomi dei tuoi amici, è vero?
Certo, verissimo. Ho voluto disseminare i nomi delle persone care, creando personaggi che vivono per un attimo nel romanzo: un gesto d’amore, un filo rosso che lega l’anima romantica del libro a loro.
Lavori a Mediaset e hai avuto la possibilità di far conoscere la tua opera all’interno, in un’area espositiva, ottenendo un buon risultato. Te lo aspettavi?
Diciamo che sono stati i colleghi che, interessati al libro, mi hanno spinta a verificare la fattibilità di un corner di vendita all’interno di Mediaset. Una situazione upside down, rovesciata come me.
Sei appena entrata nella grande famiglia degli autori italiani. Ma quant’è importante, la tua, di famiglia?
Importantissima. I miei genitori sono anziani di età ma non di cuore e cervello. Sono milanese ma vivo con mio marito a Roma e loro a Milano, per questo sento mia mamma tutte le sere dopo il lavoro, un’ appuntamento telefonico fisso. Vedo e sento spesso anche mio fratello e mia cognata e sono una zia presente nella vita dei miei due nipoti-figli. A loro ho dedicato questo libro.











