Cosa resta oggi del paesaggio? Quale forma assume, nel nostro tempo, l’idea di viaggio? Sono le domande che attraversano Travelogues – Diari di viaggio, la mostra collettiva che dal 25 giugno al 30 settembre 2025 animerà gli spazi della Galleria Vik Milano, a cura di Alessandro Riva.
Un progetto espositivo che riunisce dodici artisti italiani appartenenti a una generazione cresciuta tra gli anni Novanta e il primo Duemila, quando la pittura figurativa riconquistava un ruolo centrale nel dibattito culturale, rileggendo in chiave contemporanea i generi della tradizione. Se in quegli anni il paesaggio veniva riscoperto come forma di identità visiva e culturale, oggi, in un’epoca segnata dalla dissoluzione dei confini tra spazio naturale e urbano, reale e virtuale, la pittura torna a interrogare quel paesaggio perduto e le sue possibili tracce.
“Travelogues” si presenta come un mosaico di visioni, in cui il paesaggio diventa spazio mentale, diario personale, archivio di memorie. È una mostra che parla di luoghi attraversati e immaginati, di città verticali e campagne primitive, di marine mitologiche e architetture industriali.
Massimiliano Alioto, che oggi vive in Campania, dipinge un Vesuvio dormiente e minaccioso, a vegliare su una marina densa di simbologie e su una campagna che oscilla tra realtà e artificio. Bernardo Siciliano restituisce la vertigine di New York, città icona della modernità, mentre Alessandro Busci contrappone la monumentalità di una montagna alla leggerezza di un aereo, immagini di stabilità e fuga.
La Milano di Marco Petrus appare sospesa tra memoria novecentesca e presente globalizzato, e Andrea Zucchi, con i suoi disegni a biro, compone frammenti di un viaggio interiore, fatto di annotazioni rapide e poetiche. Velasco Vitali e Giovanni Frangi dissolvono il paesaggio fino al limite dell’astrazione, mentre Enrico Lombardi reinventa campagne metafisiche, sospese in una temporalità incerta.
In mostra anche Aldo Damioli, con le sue vedute ordinate e luminose; Luca Pignatelli, che sovrappone suggestioni classiche e tracce urbane; Alessandro Papetti, maestro delle atmosfere rarefatte; e Paolo Cassarà, unico scultore presente, che ritrae figure femminili nomadi e spaesate, simboli di un’umanità in perenne movimento.
“Travelogues” non è solo un racconto di luoghi, ma di sguardi e stati d’animo. È una mostra sul viaggio come pratica culturale e dimensione interiore, capace di restituire senso a un paesaggio che, nel nostro tempo iperconnesso e indistinto, sembra aver perso consistenza. In questo contesto, la pittura si riafferma come spazio di lentezza e profondità, come esercizio di visione e memoria, come possibile archivio di una geografia esistenziale.
Un’esposizione che — a distanza di vent’anni da esperienze collettive come quella dell’Officina Milanese e di progetti come “Sui Generis” al PAC di Milano — restituisce il valore del viaggio come esperienza critica e del paesaggio come specchio della nostra condizione contemporanea.












