In un paese come l’Italia, sconvolto negli ultimi anni da vari, tragici terremoti, desterà inquietudine sapere che ci sono luoghi che, a distanza di decenni, ancora portano ferite insanate al proprio patrimonio storico–culturale. E’ il caso di Avellino, la cui Dogana, riccamente decorata da Cosimo Fanzago nel XVII secolo, aspetta ancora, da quel maledetto 23 novembre 1980, di essere restituita ai cittadini irpini.
L’esistenza di una Dogana ad Avellino risale al X–XI secolo, come testimonia una lettera del 1070 inviata dal Duca di Napoli al Vescovo di Benevento. Costruita per motivi fiscali e protezionistici accanto al castrum longobardo, essa sanciva già all’epoca la superiorità di Avellino rispetto ad altri centri come Atripalda e Serino.
Dopo varie vicissitudini, il Palazzo assunse l’aspetto conosciuto fino al 1980 quando, dopo essere caduto in uno stato di abbandono a causa della pestilenza del 1656, il principe Francesco Marino Caracciolo ne commissionò il rifacimento al grande architetto Cosimo Fanzago, che avviò i lavori nel 1668.
Il Fanzago fece del Palazzo uno splendido esempio di barocco italiano, modificando il corpo di fabbrica e concentrandosi soprattutto sulla facciata, che fu riccamente decorata con un ciclo di sculture dai riferimenti mitologici e legati alla storia romana, alcune delle quali, probabilmente, provenienti dai resti della antica Abellinum. Poi, nell’80, la tragedia del terremoto.
Del Palazzo rimangono oggi soprattutto la facciata, mentre le decorazioni scultoree sono andate distrutte o sono conservate altrove. Nonostante il fiume di denaro sperperato nel post–terremoto, il simbolo della supremazia di Avellino sull’Irpinia versa ancora nel più completo abbandono. Secondo Sabino Morano, presidente dell’associazione Primavera Irpinia e consigliere comunale, “l’intera vicenda ci racconta come una burocrazia ottusa e una politica incapace di decidere abbiano condannato al degrado uno dei monumenti più importanti della città”. E’ il momento di recuperarlo.