
La chiamano “Guerra Civile” e da sette anni sconvolge il Medio Oriente e le nostre coscienze.
Quella siriana è una delle pagine più vergognose delle tante di cui l’Occidente democratico dovrà un giorno rendere conto alla storia.
Oltre 400 mila morti e milioni di profughi; la distruzione di quello che era uno dei paesi più avanzati del Medio Oriente con una classe imprenditoriale viva e con un borghesia produttiva. Un regime certo autoritario (come tutti in Medio Oriente) ma laico e garante delle minoranze religiose (come pochi in Medio Oriente) a partire da quella cristiane.
La chiamano “Guerra Civile” ma è solo una manipolazione della parola per nascondere ciò che realmente è: una guerra di aggressione ad una nazione sovrana con l’obiettivo di distruggerla e dividerla tra i suoi vicini sauditi, turchi, giordani in funzione degli interessi di alcune potenze occidentali.
Una guerra per procura nella quale l’Isis (creatura costruita dall’Arabia Saudita) e “Ribelli moderati” (invenzione dell’Occidente) hanno svolto il ruolo di destabilizzazione.
Ma la guerra in Siria è anche la guerra alla verità; l’evento dove si sta misurando il ruolo manipolatorio dei media globali.
Per questo ora in questa terra di memoria ancestrale e di civiltà perenne, l’Occidente dovrà fare i conti con se stesso: continuare a perseguire i disastri degli ultimi venti anni costruiti con le guerre umanitarie che hanno prodotto solo più guerre e più terrorismo o capire che il suo ruolo in Medio Oriente non è esportare democrazia a suon di bombe ma riconoscere le legittime aspirazioni dei popoli sovrani e la loro identità.











