Ci racconta un episodio OFF (Simpatico, buffo) avvenuto agli inizi della sua carriera?
“Avendo raggiunto la notorietà in età avanzata, superati i 35 anni, mio malgrado ho collezionato una nutrita serie di episodi “OFF”, all’epoca amari da digerire, ma piuttosto buffi se rievocati alla luce di quanto, in seguito, è accaduto. Nonostante il pubblico accogliesse da sempre le mie esibizioni con schietto entusiasmo, il mondo dello spettacolo non sapeva come collocarmi, riteneva la mia vocalità non attuale e dunque senza un futuro. Emblematico, il parere perentorio d’un potente personaggio che al principio degli anni ’90 sovrintendeva una trasmissione televisiva di successo. È stato il suo addetto stampa a comunicarmi telefonicamente l’opinione che il suo capo aveva maturato, dopo che ero riuscito, spendendo conoscenze e fatica, a proporgli una serie di demo. Ricordo bene la telefonata, breve e senza appello: “Dia retta, cambi mestiere”, mi disse. Lo stesso celebre uomo di spettacolo, non molto tempo dopo, mi avrebbe poi invitato, ospite d’onore, nella sua trasmissione…”
Quando ha capito che la carriera da cantante stava diventando non più un sogno ma una realtà tale da prendere definitivamente il posto dell’avvocatura?
“Già da teenager, a furia di ricevere puntualmente l’invito a cantare (dapprima tra i parenti, poi tra gli amici, poi tra il pubblico dei miei primi piccoli concerti), ho iniziato a considerare che la mia più grande passione potesse diventare anche la mia professione. Ma i miei genitori ed io stesso tenevamo saldamente i piedi per terra, consci del fatto che sfondare nel mondo della musica, per un ragazzo come me, di campagna, senza alcun aggancio, era una poco più d’una chimera, una fantasticheria… Spartiacque, e trampolino della mia carriera artistica, è stata la vincita del festival di Sanremo. Prima di quell’affermazione, pur non avendo mai pensato, neppure per un istante, di abbandonare la musica, ero pressoché sicuro che il mio futuro professionale sarebbe stato legato essenzialmente alla professione di avvocato”
Ma ci sono stati agli inizi della carriera dei momenti in cui ha pensato che avrebbe potuto non
farcela, o ha sempre creduto nelle sue potenzialità?
“Momenti di sconforto non sono mancati, come nella vita di tutti. Ho collezionato una robusta gavetta fatta di contrattempi e cose “andate storte”, che hanno ritardato l’inizio della mia carriera. Una parte di me, all’epoca, arrivava a comprendere come le contrarietà fortifichino, come ci sia “un tempo per tutto”, ma non ero certo esente da frustrazione e sofferenza. D’altronde noi artisti facciamo un mestiere meraviglioso ma siamo comunque e sempre degli equilibristi, ogni giorno ci dobbiamo mettere in discussione, sul filo teso della disciplina, della concentrazione, del sacrificio… “
Tra le tante opere e canzoni pop cantate, ce ne è una a cui è più legato ( perché magari le riporta alla mente un ricordo particolare)?
“Premetto come, per interpretare un brano, io debba fatalmente innamorarmene: per riuscire a restituirlo al meglio, devo farlo mio, devo crederci. Se ciò non accade, semplicemente, non lo canto, perché suonerebbe poco onesto e poco sincero. In ambito pop, il brano verso cui provo maggior gratitudine probabilmente è “Con te partirò”, poiché ha rappresentato uno straordinario trampolino per la fama internazionale. È innegabile che questa canzone sia diventata a suo modo un classico, riuscendo ad emozionare, ad entrare nel cuore della gente. Io stesso non mi stanco di cantarla. Quanto al repertorio lirico, potrei dire che tutto Puccini e moltissimo del repertorio verdiano e mascagnano, lo porto nel cuore. A dover citare un nome, opto per il “Nessun dorma” dalla Turandot, inno di vittoria di tutti i tenori, aria amata ad ogni latitudine che sovente eseguo per chiudere in bellezza un concerto, ed altrettanto sovente sono piacevolmente costretto a bissare”
Lei gira il mondo e calca i palcoscenici più importanti. Ma ci sono in lei la paura dell’aereo e del palcoscenico…è vero? Come le gestisce queste paure?
“Non ne vado fiero ma è vero, non amo volare e, aggiungo, non amo viaggiare (se non per mare, sulla mia barca, d’estate). Per indole sarei, non dico pigro, ma pantofolaio. Trascorro, ormai da un ventennio, gran parte dell’anno all’estero, e ogni volta che sono costretto a lasciare la pace della casa, e soprattutto i miei cari, il distacco mi fa soffrire. Ma mi sono abituato a convivere sia con la nostalgia di casa, sia con il batticuore per il volo, perché comprendo come l’unico modo per ringraziare coloro che mi accordano il privilegio di seguirmi con affetto, stia proprio nel prendere ancora una volta l’aereo e salire sul palco, incontrandoli di persona. A proposito, confermo che una certa trepidazione non è mai venuta meno, ogni volta che salgo su di un palcoscenico. Cerco di combatterla avendo la coscienza a posto, facendo tutto il possibile per essere pronto, sia fisicamente che vocalmente, ad ogni nuovo appuntamento col pubblico”
Poi c’è il silenzio, che ha cantato e a cui ha dato nome ad un teatro e al titolo di un suo libro… Che valore ha il silenzio nella sua vita?
“Credo che al giorno d’oggi il silenzio sia un lusso. Eppure è un ingrediente della nostra esistenza quanto mai prezioso, perché induce alla riflessione, fa meditare sul tempo e le stagioni della vita. Ho un rapporto necessario e duraturo col silenzio e credo che vi si celino tesori, proprio come nella musica, laddove spesso l’energia maggiore sta proprio nelle pause. Come ho già avuto occasione di ricordare, se si parla con qualcuno, metà del nostro cervello è già impegnata a elaborare una risposta. Tacendo, viceversa, si ascolta davvero il prossimo… Stare zitti fa bene”
Nella sua carriera ha ricevuto numerosi riconoscimenti a livello mondiale e cantato per le personalità più importanti. Ricorda qualche aneddoto particolare?
“Seleziono con piacere un ricordo legato ad una canzone che amo particolarmente e che ho voluto inserire nel mio ultimo album, “Cinema”: si tratta di “The Music of the Night”. Ho avuto occasione di cantarla per la prima volta in pubblico nel 2007, in occasione del Memorial Concert per Lady Diana, in un gremito Wembley Stadium, a Londra. Purtroppo non ero riuscito a mettere in memoria il testo, data la fitta agenda di quei giorni. Avevo allora chiesto a Veronica, mia moglie, di suggerirmi le parole in cuffia. Al momento dell’esibizione, lei fece per correre verso la cabina di regia, ma fu bloccata dagli addetti alla sicurezza, i quali, insospettiti, non credettero affatto alle sue concitate spiegazioni. Alla fine si chiarirono, ma sudai freddo, rischiando di far scena muta, di fronte alle telecamere di mezzo mondo, e con il compositore, Andrew Lloyd Webber, a pochi metri da me, dietro le quinte”
C’è ancora un sogno o un progetto che vorrebbe realizzare?
“Per quanto concerne la mia professione, spero di continuare a cantare, fino a che il buon Dio me ne darà la possibilità. Quanto a progetti specifici, ci sono ad esempio alcune opere verdiane che desidererei approfondire ed incidere: “Un ballo in maschera”, “Rigoletto”, “Ernani”… Ma alla vita, personalmente, non posso certo chiedere di più: con me è stata molto generosa, nella professione e negli affetti, e la realtà è andata ben oltre il sogno più roseo. Sono conscio d’essere in debito con la società e cerco di moltiplicare gli sforzi per lasciare un piccolo segno positivo, lungo l’avventura della vita. In tal senso, i miei progetti, sono tesi ad offrire il mio piccolo contributo per restituire alle prossime generazioni un mondo migliore. È proprio in quest’ottica che ho dato vita alla “Andrea Bocelli Foundation”, ormai cinque anni fa, perché ritengo che la solidarietà non sia soltanto un dovere morale, ma un atto di intelligenza. Credo che il bene rappresenti, per l’umanità intera, l’unica strada realmente percorribile, ed è mia volontà ribadire, attraverso l’esempio, giorno dopo giorno, la veridicità di questo concetto”













Lui non lo dice ma il personaggio dello spettacolo potrebbe essere PippoBaudo. Ricordo infatti la presenza di Boccelli in una trasmissione del Pippo nazionale.
Chi ama la lirica sa bene che Bocelli non (NON) è un tenore e non ha voce “lirica”. Possiamo dire che ha tecnica e capacità, ma sull’altro versante. Il fatto che piaccia non è di per sé una omologazione.
cambiare mestiere no sempre che tu ti definisca un cantante di musica leggera e non un tenore .
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