La notte tu mi fai impazzire. Gesta erotiche di Agostino Tassi, pittore (Skira, pp. 112, Euro 13)
È l’ultimo libro di Pietrangelo Buttafuoco, che racconta la Roma febbrile e cosmopolita stretta tra la fine del Cinque e il principiare del Seicento, attraverso protagonisti scomodi. Sì, la notte tu mi fai impazzire, indipendentemente dal tu: mai titolo fu più azzeccato. Per un lungo racconto ispirato alla verità, più avvincente di un romanzo, in cui violenza e passione, nell’intreccio di umori e sangue, tratteggiano il ritratto del pittore Agostino Tassi, nato Buonamici, del quale Papa Innocenzo X ebbe a dire: “Giammai mi ha deluso. L’ho sempre considerato una canaglia. E sempre me ne ha dato conferma”.
Ma in fatto d’arte lo stimava, e molto anche. Così come stimava il suo sodale, Orazio Gentileschi. E qui viene il bello, perché chi non conosce Agostino scopre ora chi è: lo stupratore di Artemisia Gentileschi, figlia di Orazio, a differenza del suo bruto passata alla storia per il talento. E la bellezza anche. Era considerata una poco di buono, Artemisia: troppo libera, troppo intelligente, troppo bella. Alta, slanciata, i capelli biondo rame, “poppe ardite” e passo svelto. Si diceva che fosse libertina Di certo aveva carattere e talento, così come le piaceva prendersi gli amanti che voleva.
E Agostino, lei, proprio non lo voleva: quello “smargiasso scuro, barbuto, vigoroso” faceva perdere la testa alle altre donne, ma non a lei. È, questa, la storia di un antieroe, di un cattivo con molte pendenze con la giustizia, di uno svelto con i pugni e con il coltello, al punto di aver ridotto in fin di vita una cortigiana che gli si era negata. Eppure quelle mani lorde di sangue sapevano dipingere con grazia inusitata, quella stessa delicatezza che rifiutava alle donne. Bella la lingua – la prosa di Buttafuoco non fa una grinza e calza come un guanto la vicenda e la cornice temporale – bella la storia, vera e bruciante come uno schiaffo. La notte è fatta per il sesso, per uccidere, per chi si deve nascondere. Tra queste pagine escono tutti gli altarini ed è giusto così, perché la città eterna “piena di bestie e mostri intabarrati” è piena anche di campanili. Ed è lì sotto che pullulano le puttane, a fare della lussuria il controcanto della santità, nel fluire senza tempo della vita, gloria del peccato e della redenzione.