Lo ripetiamo da mesi anche se le segreterie di partito sembrano sorde e le redazioni dei maggiori media italiani ci sorridono con sufficienza: la cultura in Italia potrebbe dare lavoro e portare ricchezza. Abbiamo “osato” chiedere ad Alessandra Ghisleri tramite Euromedia Research che interesse c’è verso questo settore in Italia. E alla faccia di Tremonti e della sua infelice uscita di qualche anno fa, “con la Cultura non si mangia” (strumentalizzata poi ad arte dal solito sottoculturame sinistrorso), abbiamo ottenuto un risultato sorprendente: il 32,7% degli italiani pensa che il patrimonio artistico può far aumentare il Pil.
E’ un campione che comprende tutte le colorazioni politiche, ma il dato più interessante è che un ipotetico Partito della Cultura in un’area di centrodestra, in caso di voto, otterrebbe il 5,8% dei consensi. E addirittura il 45,7 % degli italiani prenderebbe in considerazione l’idea di votarlo. Riserva che, naturalmente, si scioglierebbe solo dopo aver letto programma e conosciuto gli uomini di questo nuovo movimento. Per noi che dalle pagine di OFF ripetiamo tutti i giorni come un mantra che con la cultura si mangia questa è già una vittoria. La Cultura in Italia, dal Dopoguerra ad oggi, è stata occupata dalla Sinistra, che in cambio di militanza assegnava e assegna posizionamenti vari. La Destra s’è ne è completamente fregata, dimenticando tutto ciò che è stato da essa stessa prodotto e mai più eguagliato fino agli anni Quaranta, da d’Annunzio al Futurismo, passando per Longanesi. La politica, quasi sempre, si è interessata al settore solo per per tornaconti d’occasione.
Non c’è stata una vera strategia culturale nella nostra bella Italia, considerata dal mondo intero la patria stessa della cultura. Un triste paradosso, questo, da superare in fretta. Quale momento migliore, anzi peggiore, per entrare con forza nel dibattito politico evidenziando la vitalità di un settore che malgrado la crisi produce 81 miliardi del Pil, dà lavoro a 2 milioni di italiani e a 460 mila aziende. Un Partito di artisti, operatori culturali, imprenditori, ma anche singoli cittadini che amano il nostro immenso patrimonio, la nostra vera identità, e sanno che la cultura non si produce in salotti radical chic figli del conformismo manicheo. I numeri del sondaggio citato prima ci devono far ragionare, anzi devono far ragionare gli scettici che quando sentono la parola cultura mettono “mano alla fondina”.
E pensare che questa idea ha la bellezza di duemila anni, quando un giovane imperatore-artista, Lucio Domizio Enobarbo, detto Nerone, provò a dirozzare i costumi di Roma facendo una riforma culturale e poi tributaria, mettendosi contro i poteri forti del suo tempo, pagando poi con la vita e con una ingiusta damnatio memoriae che solo in epoca contemporanea è stata, in parte, cancellata. Quando muore un artista può nascere un politico, un politico vero che ama il proprio paese più di qualunque poltrona.
[…] che in cambio di militanza assegnava e assegna posizionamenti vari» continua l’artista nell’editoriale sul magazine online «La Destra s’è ne è completamente fregata, dimenticando tutto ciò che è […]
Con la cultura si mangia. Ma, visto il menu, si rischia una forte indigestione.
A proposito, ma perché questo orribile fondo nero?
Comments are closed.