Cultura non è progresso. I profeti inneggianti allo storicismo inarrestabile, lineare e costante, prefigurante un futuro perfetto in nome delle conquiste tecnologiche e cosiddette “civili”, hanno visto troppo spesso trasformare le utopie immaginifiche in terrificanti brandelli distopici.
Tali messianici progressisti teorizzano la fine di ogni differenza, proiettandosi in un futuro governato dall’Uno, l’idea di un mondo che azzera ogni complessità culturale e ideale. Il globalismo deculturizzante, nelle sue forme astratte come la finanza e in quelle tangibili delle megastrutture sovranazionali, e il fondamentalismo religioso, suo opposto apparente ma gemellare nelle intenzioni demolitorie dell’altro come espressione culturale anche tramite la violenza, sono comuni nemici della vera idea di cultura. Sono rappresentazioni plastiche che incombono sulle nostre libertà e sul nostro sentimento comunitario e individuale.
I fondamentalismi, incarnati da chi distorce il profondo e reale insegnamento religioso, vorrebbero costringerci a quella soumission cosi lucidamente raccontata dal poco visionario e molto realista Houellebecq. Le politiche economiche globali irrompono quotidianamente nel vissuto del popolo e dei singoli rendendoli schiavi tanto quanto li rende fragili la paura di poter essere le prossime vittime di un attacco terroristico. Ciò vuol dire che non può essere l’Occidente a difenderci e a rivitalizzarci. Non questo Occidente. Non la tecno-finanza creativa. Non quell’Occidente che nutre un dirigente che da responsabile della gestione delle nostre bellezze artistiche, si piega alle culture altrui fino al punto di inscatolare le opere d’arte, incarnazione della nostra essenza civile, per facilitare un accordo economico.
L’arte è potente, ed è potenza non potere, e si mostra ancora più intensamente nel momento in cui viene costretta al silenzio. È l’unico vero collante esistenziale di una comunità. Per spezzare la complicità fra due mondi apparentemente così estranei come quello dell’economia (ir)reale e il fondamentalismo che nega la cultura altrui, l’unica reazione utile è di riappropriarci delle nostre forme di vita culturali.
Non potrà essere una Banca Mondiale a farci rinascere, ma il nostro patrimonio artistico, che bisogna spogliassimo non solo dal ridicolo scatolone in cui è stato costretto in un’occasione, ma soprattutto dai veli invisibili che hanno reso quello che è il nostro nucleo vibrante esistenziale un semplice ornello da esibire. Ormai addirittura neanche esibito per convenienze economiche.
Tale riflessione ci ha spinto a ragionare sulle future iniziative di “Cultura e Identità”, un progetto ideato da Edoardo Sylos Labini e che può contare sul giornalista, scrittore e caporedattore de Il Giornale OFF Emanuele Ricucci, che dalle nostre pagine vuole materializzarsi nei luoghi simbolo delle città italiane, alimentando convegni e presentazioni di libri, incontri con intellettuali e uomini delle culture.
Abbiamo scelto una data speciale per iniziare il nostro cammino, il 20 febbraio, giorno in cui fu pubblicato sulla prima pagina de Le Figaro il Manifesto del futurismo, simbolo del genio italiano declinatosi in ogni campo del sapere. Da quel giorno, inviteremo coloro che credono nella forza rivoluzionaria e ribelle della nostra arte ad inviare sulla pagina Facebook dell’iniziativa “Sveliamo l’arte e la Bellezza italiana“, con l’hashtag #sveliamolarte e sulla pagina twitter de IlGiornaleOFF, con il medesimo hashtag, le foto di opere d’arte, monumenti, libri e opere di artigianato che fanno parte della storia passata, presente e futura del genio italiano.
Viva la Cultura. Vita alla cultura.
Tra i promotori dell’iniziativa:
Andrea Barchetta
Vittorio Guastamacchia
Giovanni Lullo
Claudio Vernarelli
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