Elogio danzante alla felicità

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Platone e Aristotele avevano due idee diverse di felicità. E non sono gli unici: ciascuno ne ha una sua visione. Lo sa bene Giorgio Rossi, direttore artistico della compagnia di danza Sosta Palmizi, che ha portato in scena, lo scorso dicembre, con dodici danz/attori altrettanti modi di percepire la felicità. Il lavoro, dal titolo «Sulla Felicità», è quindi il punto di incontro di riflessioni personali. Raccogliendole è venuta fuori quella che l’autore definisce «una costellazione di pianeti che si relazionano tra di loro creando momenti surreali». «Ho cucito un Arlecchino di pezzi di vita» prosegue il coreografo, che confida nell’espressività della danza, della musica e della parola per restituire con ironia il senso di una felicità minacciata dalle logiche del consumo e del possesso. Sul palco, tra luci abbaglianti e pose eccentriche, c’è l’assurdo essere umano con le sue meschinità, le gioie, gli inciampi. L’invito è a non illuderci: la felicità non si compra, è uno stato d’animo che scaturisce dal sentire la vita istante per istante. «Woody Allen diceva: “Siamo tutti felici se solo lo sapessimo”» ricorda Rossi, che suggerisce di metter fine alla spasmodica ricerca: «Apriamo gli occhi su ciò che già abbiamo».