Endi: “Gli insulti mi hanno fortificato”

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IMG_3714“Sognando ancora” è il titolo del nuovo album di Enrico Petillo, in arte Endi. Prodotto dall’etichetta indipendente “Terapia D’Urto Indie Music”, il disco, disponibile dallo scorso 23 maggio in digital download, vanta collaborazioni con diversi artisti noti nel panorama musicale italiano, in particolare del genere rap. Off lo ha incontrato.

Endi, raccontaci questa tua nuova avventura professionale…
È partita ad inizio 2015, quando ho iniziato a scrivere e registrare i primi brani di “Sognando ancora”. Sono, al momento, ancora in viaggio perchè tutto il percorso è stato molto lungo e lo sarà ancora, perchè nella musica non c’è mai un punto di arrivo, esiste sempre un inizio. Durante la lavorazione del disco ho conosciuto molti musicisti e artisti nuovi ed ho imparato e sto imparando cose nuove che mi stanno aiutando a crescere musicalmente. Il disco è nato dal mio stato d’animo, dalle mie emozioni e molti brani sono nati in maniera anche istintiva, per quanto riguarda alcuni testi.

Cosa ha aggiunto al tuo percorso?
Sto imparando molte cose durante la mia crescita musicale, anche per questo nel disco mi sono preso il rischio di sperimentare come non ho mai fatto prima, confrontandomi con altri tipi di suoni e altri tipi di artisti. Ho cercato di dare sfogo il più possibile a tutti gli aspetti della mia personalità, creando dei brani che rispecchiassero tutto questo. Ho sicuramente aggiunto qualcosa in più, ho comunque cercato di non darmi dei limiti.

Quando hai capito quale fosse la strada professionale giusta da intraprendere?
Ho capito di dover fare musica dopo aver realizzato un progetto musicalmente molto scadente, che mi ha permesso di ritornare indietro da dove ero partito e migliorare. Dagli errori bisogna cogliere l’essenza del lato positivo, cercando di trasformarlo in un mezzo per migliorarsi. Migliorando ho capito che ho le carte in regola per poter fare questo.

Quando, invece, hai capito che la tua passione poteva trasformarsi in un vero e proprio lavoro?
Non vedo tutto questo ancora come un lavoro, almeno non lo vivo così. Vivo tutto questo come una grande passione ed è sicuramente questo fattore che in molti momenti mi ha spronato ad andare avanti. Per me lavoro vuol dire svegliarsi, sbuffare e lamentandosi. Poi, chiaramente, ho capito capito che la mia passione stava trasformandosi in qualcosa in più quando ho riscontrato che nelle mie orecchie stavano suonando canzoni che possono definirsi tali e poi dal riscontro positivo di chi ascoltava le mie canzoni.

Finora qual è stata la soddisfazione più grande raccolta? E la delusione?
La soddisfazione più grande è che molti hanno iniziato a riconoscere la mia musica come buona musica e che tanti hanno iniziato ad ascoltarla in maniera costante e che si rivedono in molte cose che dico. La delusione, invece, è che in questi anni ho conosciuto parecchia gente che vive nella musica ma con la musica non c’èntra niente. E non mi riferisco alle doti o qualità musicali ma alla professionalità, cercando di approfittarsi dei giovani o di chi comunque insegue il sogno. Per me l’onestà e la professionalità viene prima delle qualità artistiche.

Oggi a chi senti di dover dire grazie?
Sicuramente devo ringraziare me stesso, perché sono il primo che ha creduto in tutto ciò. Poi ringrazio quelli che credono e ascoltano i miei brani e mi spingono a fare musica, chi lavora con me e si impegna di far sì che la mia musica esca al meglio. Poi un ringraziamento lo devo a chi in questi anni mi ha criticato e insultato perchè mi ha spinto a migliorare e hanno, inconsapelvomente, rafforzato la mia musica.

Nei momenti meno semplici, cosa ti ha dato la forza per andare avanti?
Mi ha dato forza l’amore per questa musica, la passione e la voglia di esprimersi e continuare a raccontarsi con le parole e con la musica. La voglia di non darmi mai per vinto, cercando di dare un senso a tutto ciò, che comunque porto avanti da tanti anni.

Ci racconti quello che ritieni essere l’episodio più curioso della tua carriera?
All’inizio, quando avevo 21 anni, lavoravo come portalettere, e consegnavo la posta ad un’etichetta discografica: ci entravo ogni giorno perchè ogni giorno avevano raccomandate da firmare ed ogni volta restavo affascinato da quello studio. Un giorno decisi di lasciare nella loro cassetta delle lettere il mio demo intitolato “Capro espiatorio”, accompagnato dal mio numero di telefono. Ed alcuni giorni dopo mi chiamarono e insieme abbiamo deciso di realizzare il mio primo lavoro che si chiama “Il canto del diavolo”. Mi facevano lavorare con un ragazzo che stava facendo lo stage come produttore e insieme abbiamo dato vita a questo progetto che fu pubblicato sulla mia pagina My space. Mi diedero la possibilità di lavorare in un vero e proprio studio discografico.

Nella vita di tutti i giorni, quando non lavori, come ami trascorrere la quotidianità?
Il poco tempo libero che ho, cerco di passarlo con la mia famiglia, cercando di fare altre cose che mi piacciono.

C’è un aspetto di te che il pubblico non conosce e che ti piacerebbe emergesse?
Le mie canzoni rispecchiano molto quello che sono e nascono molto dalla mia personalità e dal mio stato d’animo. Quindi quello che deve venire fuori e che magari non è ancora venuto fuori, prima o poi verrà fuori.


Progetti futuri?
Per ora sono molto concentrato su “Sognando ancora” quindi per il futuro penso solo a questo…

Sempre guardando al futuro, quali altri traguardi ti piacerebbe raggiungere nella sfera privata e professionale?
Di migliorare sempre di più e di confrontarmi con artisti e musicisti con valori importanti, che mi possano far crescere sia come uomo che come artista e musicista. Spero di togliermi ancora molte soddisfazioni con la mia musica: questo per me rappresenta un album di transazione, perchè ho voluto sperimentare molto, lo considero un progetto che mi aiuterà per la mia crescita e per i miei progetti futuri.