Tra punk, meditazione e archeologia industriale: il mondo visionario di Andrea Chiesi

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Andrea Chiesi, pittore italiano che racconta il fascino delle rovine, la pittura come meditazione e il dialogo tra natura, memoria e tempo
Eschatos 21 2019 olio su lino cm 100x140

Andrea Chiesi, nato a Modena il 1966, pittore autodidatta che prima di parlare a imparato a disegnare, artista pluripremiato post sironiano riconoscibile per paesaggi urbani crepuscolari, dalle atmosfere Noir, interni ed esterni di edifici industriali abbandonati, dove tra le rovine e la vegetazione selvatica, tra luce e penombra, l’architettura del tempo è la protagonista di luoghi mentali della memoria, che intrecciano connessioni con la letteratura, l’illustrazione, il cinema e la fotografia. Nelle sue prime vedute urbane in bilico tra Nuova Oggettività tedesca, e le più recenti dedicate alla Natura quasi “pittorialiste”; tutto è neo romantico di una sublime armonia e nostalgica bellezza.

Andrea Chiesi, pittore italiano che racconta il fascino delle rovine, la pittura come meditazione e il dialogo tra natura, memoria e tempo
Anastasis 14 2021 inchiostro su carta cm 25×35

Cresci e ti formi frequentando attivamente la controcultura punk degli anni ’80, quale eredità ti ha lasciato la contaminazione di diversi generi e linguaggi dell’epoca, nel tuo caso di musica, disegno, fumetto, grafica, letteratura e arti visive?

Quell’esperienza formativa fu importante perché definì una mia attitudine verso la vita, e mi ha insegnato a tenere la mente aperta, libera, priva di preconcetti e pregiudizi. Preferisco esplorare ciò che è poco conosciuto e anticonformista, fuori dagli schemi, e mi interessa ogni forma espressiva che si rifletta in questo.

Quando e perché i gasometri, le fonderie, le acciaierie, gli ex edifici industriali abbandonati, tutti luoghi che negli ’80 sono diventati centri sociali e oggi di rave party o simbolo di spreco edilizio e degrado, ti hanno affascinato ?

Vivendo l’epoca della deindustrializzazione li vedevo intorno a me, decadere un po’ alla volta e ne subivo il fascino: dal gasometro dipinto di Sironi a quello abbandonato alla Bovisa a Milano. Ho capito che dipingendoli avevo la possibilità di farli rivivere nel mondo creato dalla mia mente, attraverso il mio sguardo e la pittura.

Quale bellezza conservano oggi questi luoghi –soglia tra passato e presente sospesi tra abbandono e riqualificazione spesso in centri commerciali o del divertimento?

Le riqualificazioni spesso sono aberranti o incompiute e conservano ben poco di bellezza, ma per fortuna molti luoghi sono ancora intatti nel loro stato di abbandono. Quelli vivono per sempre nelle mie opere come me li immagino.

Andrea Chiesi, pittore italiano che racconta il fascino delle rovine, la pittura come meditazione e il dialogo tra natura, memoria e tempo
Modula 3 2025 olio su lino cm 140×200

Attualmente sei docente di Pittura e Disegno all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, come ti trovi con questa generazione digitale che non scrive più su carta e non utilizza a matita , biro o i pastelli a colori?

Molto bene, è uno scambio reciproco, cerco di trasferire alle nuove generazioni quello che ho raccolto tecnica, esperienze e passione: fornire competenze adeguate a iniziare un percorso artistico, sia nel campo teorico, che in quello pratico. Trovo molto affascinante che si utilizzi sempre più tecnologia e parallelamente resti il desiderio e la necessità di disegnare su carta, dipingere su tela, sporcarsi le mani con il carboncino e i colori, annusare i pigmenti, occupare spazio fisico con le opere. E le nuove generazioni sono così, abilissime nel mondo immateriale del digitale e al tempo stesso attratte dal gesto arcaico, primordiale, archetipico di fare pittura, arte con le mani: due modi che convivono, si scontrano e si nutrono reciprocamente.

Il disegno di interni o di esterni di edifici industriali metafisici e atemporali che sulla tela diventano dipinti di spazi della contemplazione, perché, come tu stesso hai dichiarato sono l’espressione dei concetti di ’impermanenza e vacuità, propri al buddismo che continui ad approfondire e praticare metodicamente?

I luoghi abbandonati sono metafora perfetta dell’impermanenza: tutto decade e si trasforma. Molti luoghi che ho dipinto vogliono restituire una sensazione di vuoto, ed evocano il concetto più esteso di vacuità, dove ogni fenomeno è privo di sé intrinseco. Col tempo ho scoperto che per me meditare e dipingere diventavano la stessa cosa (non a caso per entrambe le azioni si utilizza il verbo praticare). Quando dipingo mi separo dai pensieri e sono totalmente immerso nella realtà pittorica. La meditazione (soprattutto quella Vajrayana), per contro, si basa sulla visualizzazione, sulla capacità della mente di creare forme visive su cui concentrarsi, in forma di mandala o Yidam (divinità o aspetti di Buddha), che rappresentano forme specifiche della mente illuminata.

Dalle prime figure a inchiostro nero (“Nero” era il titolo della personale del 2005) al disegno, alla matrice grafica del tuo lavoro, passando alla pittura figurativa realistica -quasi fiamminga- o vicina alla Nuova Oggettività tedesca per precisione dei dettagli, documenti architetture e paesaggi urbani postcontemporanei, e ti distingui per una iconografia romantica del ‘rovinismo, tipo vedute di Giambattista Piranesi per capirci, ma ti interessano ancora gli spazi vuoti e abbandonati di archeologia industriale, sempre più rari, perché?

Sì, sono tra i miei soggetti più amati, ma poi ho allargato il campo oggettivo e visionario insieme e ne sono affiancati altri, che rispecchiano molteplici aspetti di me e nuovi sguardi sul mondo che cambia, come i nostri pensieri che mutano e ricordi che affiorano in diverse fasi della vita. Tanti elementi, tante facce che formano un’unica forma nel tempo eterno della Pittura.

Dalle prime figure a inchiostro nero alle architetture contemporanee di eco “pittorialista” comprensive di una gamma cromatica blu-grigie per definire luoghi mentali, sei passato a tonalità quasi azzurrate, e in alcuni disegni recenti hai introdotto gialli, viola e verdi accessi, cosa è successo?

Ho vissuto, sono cresciuto e la pittura si è evoluta con me. Pensa che ho anche smesso di vestirmi sempre di nero! E negli ultimi disegni a inchiostro di china ho aggiunto il colore: un colore innaturale, “espressionista”, che avvolge ogni cosa, dal rosso scuro al viola, al giallo sporco, al verde cupo, tante frequenze che vibrano intorno al segno. Il mio colore è innaturale , artificiale e contaminato come l’arte nella vita.

Andrea Chiesi, pittore italiano che racconta il fascino delle rovine, la pittura come meditazione e il dialogo tra natura, memoria e tempo
Il posto dei libri 2024 olio su lino cm 110×150

 

Chi sono i tuo maestri o fonti d’ispirazione di oggi?

Sono stati molti, ad esempio ho amato la pittura emiliana del 400 e artisti come Cosmè Tura, Francesco del Cossa ed Ercole de’ Roberti. Anche il fumetto underground americano e un’ artista come Raymond Pettibon che si è formato in quell’ambiente. Recentemente sono molto interessato all’arte sacra tibetana e alla pittura cinese ad inchiostro nero chiamata Po Mo.

Che importanza ha la fotografia nella tua ricerca artistica e in quali lavori è più evidente?

È un passaggio intermedio a volte necessario, uno strumento utile per conservare una traccia dell’architettura; mi aiuta soprattutto nelle esplorazioni non autorizzate nei luoghi abbandonati, dove non ho tempo di disegnare sul taccuino. Ma nello studio tutto diviene disegno, pittura e immagine di luoghi altri.

Tempi lenti di pittura, abilità tecnica, quanto conta il mestiere, l’aspetto pratico di composizione di un dipinto sulla tela nell’epoca digitale?

Metà ideazione, metà esecuzione. La tecnica è importante quanto l’idea per un pittore: la forma diventa il modo in cui si manifesta la sostanza. O sai dipingere o molli pennelli e fai l’artista concettuale. In pittura il tempo di realizzazione è molto importante, soprattutto per pratiche molto lente come la mia, e penso che il tempo impiegato diventi parte stesso del valore dell’opera.

Pittore rigorosamente figurativo ma concettuale non interessato al corpo, al volto, perché ometti l’umano dai tuoi paesaggi immortalati come riflessi di inquietudine e di meraviglia in cui la protagonista è l’assenza?

Negli anni’ 90 ho disegnato corpi violacei immersi in uno spazio oscuro, ma nei luoghi non sento necessario l’umano, declasserebbe il paesaggio a fondale, mentre è il paesaggio a essere il corpo.

Vivi e lavori a San Pancrazio in Provincia di Modena , quella parte dell’Emila che ha dato i natali a Luigi Ghirri scomparso nel 1992, che ha immortalato la metafisica del quotidiano come incide il suo sguardo nella tua ricerca artistica?

È un artista molto amato, e ho avuto modo di deliziarmi della sua opera. Credo tuttavia che, più della sua fotografia, mi abbia influenzato il paesaggio emiliano reale, in cui, tranne poche residenze all’estero, ho sempre vissuto: denso, languido, biancastro nelle estati afose, avvolto dalle nebbie autunnali, cristallizzato dai geli invernali (un clima assurdo se ci pensi). Tieni conto che nei giorni in cui sono nato c’era un’alluvione spaventosa: mi si è presentata da subito, nel bene e nel male la Grande Pianura.

Sei un artista pluripremiato e consacrato dal mercato dell’arte, quali gallerie seguono e promuovono il tuo lavoro?

Al momento le gallerie D406 di Modena, Guidi&Schoen di Genova, Monopoli di Milano, NM di Monaco (Montecarlo), e ho da poco avviato un progetto in Cina.

Hai collezionisti asiatici o arabi, cosa piace di più all’estero?

Spesso le opere hanno destinazioni a noi ignote e viaggiano. Ho lavori che hanno trovato casa all’estero, e questo naturalmente fa piacere. Di certi paesi amo la maggiore attenzione per la cultura, l’educazione e il rispetto; purtroppo siamo un paese col paradosso di essere ricchissimo d’arte, ma allo stesso tempo ignorante e volgare. Tuttavia, non ho mai realmente preso in considerazione l’idea di trasferirmi all’estero, sia per i legami con la mia terra, sia perché esiste una minoranza di persone che pensano e sentono in modo affine al mio.

Andrea Chiesi, pittore italiano che racconta il fascino delle rovine, la pittura come meditazione e il dialogo tra natura, memoria e tempo
Scorri come l’acqua del fiume in piena 2021 inchiostro su carta cm 100×140

Dai siti di archeologia industriale, ai centri di archivi sei passato all’interessa per i giardini, la natura , frammenti di vegetazione, il verde che si riappropria di tutto ciò che l’uomo gli ha sottratto nel corso del tempo, come dimostri con la serie di post-romantica opere Natura Vincit (2020) e Hortus Conclusus (2025) , è forse la tua risposta contro le cause ed effetti dell’Antropocene, cosa vuoi esprimere esattamente in questa memoria di una ‘architettura verde’ ?

Credo di essere mosso principalmente da un pensiero barocco e romantico, filtrato attraverso l’estetica post-punk. Non ho fini precisi di denuncia, se non l’osservazione del mondo che mi circonda. Forse è lo sguardo che cambia, cerca altre direzioni, spesso sghembe e oblique, e dalle architetture umane si è spostato sulle piante pioniere, sulle erbacce (indesiderate e tenaci, vere punk!) che abitano i luoghi dimenticati. Mi affascina il tempo sospeso, il silenzio, le infinite possibilità di questi luoghi, la vita che ritorna, il Deus Sive Natura di Spinoza, la natura cosmica, totipotente, ctonia e uranica, forza genitrice di ogni cosa.

Andrea Chiesi, pittore italiano che racconta il fascino delle rovine, la pittura come meditazione e il dialogo tra natura, memoria e tempo
Deus Sive Natura D5 2023 inchiostro su carta 70×100

Sintetizzando oltre all’apparenza, al paesaggio urbano e naturale quali sono concettualmente i temi fondamentali che questi soggetti includono?

Col tempo ho sempre avuto più chiaro in mente che tutti i disegni e i dipinti realizzati, sono in realtà parti di un’unica grande opera (e di un unico grande tema) che è la vita. In sostanza è come se tutta la ricerca fosse un unico racconto autobiografico, una specie di diario emotivo per immagini, in cui svelo parti profonde di me e in cui si possono riflettere i pensieri e le emozioni di chi osserva le opere.

Nell’epoca dell’Intelligenza Artificiale ha ancora senso dipingere, perché?

Sì, perché l’atto del dipingere è esattamente l’opposto della gestione di informazioni digitali, sono complementari. E il dipingere è una forma espressiva originaria dell’uomo, che non finirà mai.

Hai sperimentato l’intelligenza artificiale se sì in quali opere?

No, non ne ho mai avuto bisogno, si tratta di uno strumento, come la fotografia. I pittori del passato hanno spesso utilizzato strumenti ottici, e l’I.A infondo è l’evoluzione di questi strumenti. La pittura si evolve sempre confrontandosi con la tecnologia, ma resta pittura. Mi ha colpito come in certa fantascienza, in Star Trek ad esempio, si mostri come l’uomo (ma anche alcuni androidi) continui ad esprimersi ancora attraverso la pittura. Si esplora il cosmo e si dipinge.

Con quali registi vorresti collaborare prima o poi?

Pupi Avati , Wim Wenders e Jim Jarmusch .

Come immagini il futuro e quali ambienti, architetture, luoghi abiteremo?

L’uomo è molto intelligente, capace di cose meravigliose, e ci sarebbero le risorse per una ricchezza condivisa in un pianeta bellissimo. Purtroppo, è anche accecato dall’avidità e dall’odio, per cui rischia continuamente l’autodistruzione. In noi convivono amore e violenza, e ci troviamo a correggere continuamente i disastri che abbiamo provocato. Del resto, viviamo nel Kali Yuga e questa Era sarà sempre così, un misto di bellezza e orrore.

La pittura è una consolazione o una forma di resilienza?

Può essere entrambe le cose, anche una deliziosa ossessione, dipende dal carattere e dalle fasi della vita. Forse all’inizio era un modo per sopravvivere in un mondo in cui non mi riconoscevo, poi ha coinciso con la vita stessa, e ora la definirei la forma più sottile ed elegante di meditazione. La pittura è conoscenza di sé e del mondo.

Scegli tre opere recenti che potrebbero essere il tuo autoritratto dell’uomo che sei oggi e spiega in cosa sei cambiato nella percezione dei luoghi che ti circondano?

Recentemente ho disegnato e dipinto su commissione, sia per privati che per un’azienda. Mi piace progettare l’opera insieme al collezionista, mantenendo la massima libertà interpretativa si instaura un rapporto particolare, quasi di complicità. Vorrei citare i disegni realizzati per l’Università di Modena e Reggio Emilia dedicati all’Orto Botanico di Modena, raccolti in un elegante quaderno, e il libro Il Sogno del Pittore, edito da Cichinobrigante, una piccola e coraggiosa casa editrice emiliana, che raccoglie i disegni a inchiostro di china degli ultimi anni. Sintetizzando potrei dire che rispetto ai luoghi è cambiata la mia consapevolezza. Stabilizzo sempre più l’attenzione al qui e ora, sono parte di un Tutto e rifletto su come ogni cosa sia Vacuità, e non ci sia distanza né differenza tra me e gli altri, perché siamo il paesaggio che abitiamo.

A quale progetto stai lavorando?

Disegno, dipingo, leggo, medito, studio, insegno, in ordine sparso. Non ho progetti precisi, (oppure ci sono, ma non vale la pena soffermarcisi) se non di accorgermi ogni mattina di essere vivo, di respirare, di abitare ancora per un po’ questo corpo, con la volontà di fare al meglio la mia parte in questa dimensione temporale.