In origine c’era il Trio Lescano, e prima ancora le Boswell Sisters. Oggi ci sono loro, le Ladyvette, composte da Teresa Federico, Valentina Ruggeri e Francesca Nerozzi – in arte, Sugar, Pepper e Honey – tre dive, o meglio “divette”, che il prossimo 15 luglio parteciperanno al Marconi Teatro Festival con “Le dive dello swing” (regia di Massimiliano Vado, musiche di Roberto Gori).
Lo spettacolo racconta la storia di tre giovani sorelle che sognano di raggiungere la notorietà, e si preannuncia come un mix di nostalgia d’antan e ironia pungente dei giorni nostri. Cifra stilistica, quest’ultima, che in quattro anni di attività ha contraddistinto il trio anni ’50, diviso tra pezzi pop interpretati in chiave swing e brani originali.
In occasione della messa in scena dello spettacolo teatrale (in replica il 1 agosto), abbiamo intervistato le cantanti/attrici premiate di recente con il Premio Margutta 2017, che annunciano il ritorno in tv in autunno con la fiction “Il paradiso delle signore” e un nuovo album di inediti.
Da dove nasce il nome “Ladyvette”?
“Ladyvette” gioca ovviamente su “le divette”. Noi siamo delle dive ma abbiamo dentro di noi una parte “divetta”, una parte autoironica. Giochiamo spesso con il rapporto glamour delle dive e con la nostra quotidianità.
Tra le dive degli anni ’50 chi in particolar modo vi ha ispirato maggiormente?
Sinceramente, abbiamo tentato disperatamente di evitare queste associazioni. Gli anni ’50 sono gli anni che hanno rappresentato meglio la diva con una serie di attrici molto note. Quindi, noi abbiamo scelto un luogo temporale molto ben identificato, ma per mantenere una nostra identità ci siamo sforzate di ripensarlo un po’ a modo nostro. Sappiamo che il nostro pubblico, per una serie di cose, ci accosta a dive celebri, ma questi paragoni non partono da noi.
Il Trio Lescano – le pioniere dello swing in Italia – vi ha influenzato invece?
Dal punto di vista musicale, assolutamente sì. Perché il lavoro a tre voci di un trio swing è davvero molto particolare. Il Trio Lescano però abbraccia un periodo che va dagli anni ’30 agli anni ’40, quindi a livello di look e di estetica noi siamo molto più sfacciate. La cultura e la mentalità dell’America ci ha influenzato molto, dall’abbigliamento all’ironia e autoironia. Chi viene ai nostri concerti sa che noi ci prendiamo tanto in giro.
Durante le vostre esibizioni, infatti, alternate sempre parti cantante a gag e sketch. Quanto c’è di preparato e di improvvisato?
Quando facciamo i concerti, il rapporto con il pubblico è fondamentale, dunque lo è anche l’improvvisazione. In base a chi abbiamo di fronte, noi lavoriamo in un certo modo per creare un legame forte. Se si parla di teatro, invece, c’è un canovaccio molto più preciso, e anche quello che sembra improvvisato nella maggior parte delle volte è calcolato. Il concerto ti permette di essere più libero, mentre il teatro ha un copione che deve essere rispettato.
Parliamo del nuovo spettacolo “Le dive dello swing”. Come è nata l’idea?
Lo spettacolo è un po’ il voler raccogliere tutto quello che abbiamo improvvisato nei concerti. Quello che abbiamo visto che funzionava, negli ultimi quattro anni, lo abbiamo voluto strutturare per raccontare la figura di questo trio, tre donne che affrontano il mondo della musica e dell’arte in Italia. Abbiamo raccolto esperienze passate di spettacoli, sketch ma anche esperienze personali realmente accadute. C’è anche un piccolo omaggio al Trio Lescano ma quello è un punto di partenza per parlare dei giorni nostri, di noi e delle difficoltà che abbiamo realmente vissuto. Perché dalle difficoltà si può fare l’arte, si può fare comicità, si può riflettere per condividere con chi ha voglia la nostra esperienza. È uno spettacolo molto completo, con ballo, recitazione, canto, con tante sorprese e camei, tra cui quello di Lillo Petrolo [del duo Lillo e Greg, ndr], il nostro direttore artistico, che il 15 luglio sarà con noi sul palco. Il nostro obiettivo è quello di lasciare il pubblico con la voglia di venire a rivederci.
È uno spettacolo comico, venato però da una certa drammaticità.
Sì, perché come ci insegna Chaplin la vera comicità non può prescindere da una consapevolezza della drammaticità. È solo un altro modo di vedere le cose, come se fosse l’altra faccia della medaglia. Pochi giorni fa è venuto a mancare Paolo Villaggio: lui ci ha costruito una carriera su questo, sul ridere del dramma, ma anche Mario Monicelli e tanti altri.
In autunno uscirà il vostro nuovo album. Cosa potete anticiparci?
Noi abbiamo appena finito di girare la seconda stagione de “Il paradiso delle signore” [in onda su Rai 1, ndr], per la quale scriviamo anche i brani originali. La nostra idea è quella di unire gli inediti puramente comici di questi anni con canzoni più classiche, più swing, sul tema della donna, della madre, sul rock and roll. Abbiamo pensato di fare un album che fosse un po’ un pot-pourri di quello che ci ha rappresentato di più in questi anni, tenendo sempre come comune denominatore lo swing, che noi abbiamo voluto modernizzare con l’electro swing, al momento la formula più fruibile e che ci diverte di più. Musiche e arrangiamenti saranno di Roberto Gori, per noi “la quarta parte” delle Ladyvette, mentre i testi sono di Teresa Federico.
Nel 2014 avete suonato a Londra nel prestigioso jazz club Ronnie Scott’s, e nel 2015 siete volate a NY per una tournée in molti locali importanti (tra cui il Birdland e il Joe’s Pub). Con l’uscita dell’album, è previsto anche un nuovo tour?
Con questo spettacolo teatrale stiamo organizzando una tournée invernale, per portarlo un po’ in tutta Italia. Abbiamo anche altri progetti che bollono in pentola, che riguardano principalmente l’aspetto musicale, ma non possiamo dire altro. Ma, sicuramente, sentirete parlare delle Ladyvette molto presto.