Nel cuore post-industriale della provincia milanese, un tempo culla di silenzi produttivi, oggi si respira un fermento artistico vivo e condiviso. Il SAC – Spazio Arte Contemporanea di Robecchetto con Induno (MI) inaugura Poli, una mostra collettiva che va ben oltre l’allestimento di opere: è un racconto a più voci, un tributo corale e affettuoso a Luca Poli, gallerista visionario e appassionato, scomparso nel 2017, ma ancora intensamente presente nel tessuto della comunità artistica milanese e nazionale.
A curare questa mostra sono Nicoletta Candiani, Fabio Presti e Pietro Salvatore, in un percorso che raccoglie venti artisti – scultori, pittori, fotografi, grafici – tutti accomunati da un passaggio fondamentale: l’aver esposto nella storica galleria Maelström di via Ciovasso 17, nel cuore del quartiere Brera, aperta da Luca Poli nel 2010 insieme a Rita Marziani.
SAC nasce nel 2019, ma le sue radici affondano molto più indietro, nel legame profondo tra la famiglia Candiani e il territorio di Robecchetto con Induno, una storia che inizia nel 1938. Oggi, questo spazio rigenerato e luminoso si propone come un laboratorio culturale, dove l’arte contemporanea diventa veicolo di riflessione, aggregazione e crescita collettiva. Mostre, laboratori, residenze d’artista, concorsi e incontri popolano la sua programmazione con una vocazione inclusiva e territoriale.
Ed è proprio in questo spazio che rivive lo spirito di Maelström, la galleria “piccola e potentissima” di via Ciovasso, che Luca Poli seppe trasformare in un punto di riferimento per artisti emergenti, outsider e spiriti liberi della scena contemporanea. Un luogo che non era solo un contenitore d’arte, ma una casa, una fucina, un’avventura.
Il progetto Poli è tanto una mostra quanto un gesto d’amore. Ogni artista presente restituisce un frammento del rapporto con Luca Poli e con l’esperienza Maelström. Tra le opere in mostra spiccano le sculture poetiche e critiche di Andrea Cereda e Alice Olimpia Attanasio, le figure sospese tra forza e vulnerabilità di Alex Pinna, e le composizioni mimetiche di Guido Airoldi.
Il comparto fotografico è potente e riflessivo: da Nicola Bertellotti, che indaga l’abisso del tempo e della rovina, a Tommaso Fiscaletti che congela il rumore in una visione sospesa. Sara Giannantempo pone lo sguardo sulla condizione femminile con intensità, mentre Francesco Minucci e Vincenzo Todaro affrontano il tema dell’identità e della memoria con tagli precisi e profondi.
La pittura vibra nella poetica visionaria di Ilaria Del Monte e Matteo Nannini, nel surrealismo materico di Armando Fettolini e Fabio Presti, e nei mondi sospesi di Gaia Lionello. Il gesto pittorico si espande, si sporca, si fa installazione con Tina Sgrò, Omar Canzi ed Elena Del Fabbro.
E poi c’è la grafica, che si fa poesia visiva con Erica Campanella, sguardo pop con Willow e viaggio corporeo e autobiografico con Arianna Piazza.
A raccontare la genesi di questo legame artistico è anche lo stesso Fabio Presti, pittore e curatore, che ricorda il suo primo incontro con Luca Poli con un tono ironico e affettuoso: “Mi immaginavo il catalogo della mia personale a Maelström… Luca mi disse ‘sorpresa’ e la sorpresa fu una chiavetta USB con scritto Love Song. In quel momento una tragedia, oggi un ricordo tenerissimo.” Una storia tra l’assurdo e il familiare, che racchiude bene il carattere generoso, un po’ imprevedibile ma profondamente autentico di Poli.
“Era alto, altissimo – racconta Presti – e i quadri li appendeva tutti alla sua altezza. Ma riusciva a vedere il talento dove altri non cercavano nemmeno. Ha costruito una vera scuderia di artisti, con cui non solo lavorava, ma condivideva la vita.”
Poli non è una mostra commemorativa nel senso classico. È piuttosto un’occasione per rivedere, nel presente, ciò che Luca Poli ha saputo costruire nel passato: una comunità di artisti, un modo indipendente e generoso di fare arte, un’energia che non si è mai davvero interrotta.
Oggi quella stessa energia si respira tra le mura del SAC, dove l’arte non è un lusso, ma un diritto. Non è una nicchia, ma un ponte. E Poli è quel ponte, sospeso tra memoria e futuro, costruito sulle spalle di un uomo che credeva davvero che l’arte potesse cambiare le cose. Anche solo con una chiavetta USB.