Nicola di Caprio, quando il rumore diventa opera d’arte

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Abbiamo scovato Nicola di Caprio nel suo studio milanese in zona Centrale- Greco a Milano, dove vive e lavora tra oggetti e strumenti musicali e produce GIF artistici, suona la batteria e compone opere interdisciplinari in cui grafica, design coesistono armonicamente, abile nel rielaborare l’immaginario della musica, del cinema e della cultura pop in generale in azioni fluide e “quadri” in movimento.

Chi è Nicola di Caprio ?

Mi interesso principalmente di arte visiva, disciplina che include anche una corposa produzione di GIF d’arte e qualche occasionale attività di graphic designer. Una buona parte della mia attività è dedicata alla musica, nello specifico alla batteria e percussioni. Ho diverse formazioni che operano nel solco della musica free e spontanea. Questo mi permette di dialogare con validi musicisti tra cui Cesare Malfatti, Manuel Teles, Eloisa Manera, Gianni Sansone, Tonylight, giusto per citarne alcuni. Vivo da 25 anni a Milano ma le radici formative affondano al Sud, sono nato Caserta nel 1963, e ho avuto lunghe e ripetute residenze negli Stati Uniti. Esperienze di vita che inevitabilmente riverberano in me come artista e persona.

Descrivi il tuo studio e come lo vivi, è aperto al pubblico?

In zona Centrale-Greco, il mio è uno studio-laboratorio abbastanza pieno di robe e che vivo in maniera alterna: tanto o moderatamente. Questo dipende da cose pratiche; se ho delle scadenze a brevi che richiedono la produzione di nuove opere oppure no. Se invece non ci sono scadenze lo frequento comunque con continuità, visto che c’è anche la batteria che richiede un contatto e una routine quotidiana.

Sei un artista multimediale, musicista, ti consideri un erede di Fluxus?

Non direi. Certo, esso è stato quel movimento che ha avuto più scambi e sovrapposizioni tra arte, musica, poesia, performance, grafica, ecc è ha avuto al suo interno artisti mitologici come John Cage, La Monte Young, Yōko Ono, Joseph Beuys, Sylvano Bussotti, giusto per citare alcuni dei più celebri. Di certo con Fluxus condivido la radice del significato della parola: flusso. Direi che il mio operato ha una idea di flusso sottesa, specie quando si arriva alla musica.

Sei batterista, grafico, esploratore di una estetica “Artmix”, quanto incide la grafica nella tua ricerca artistica e come si connette al suono?

La mia produzione di arte visiva sicuramente viene informata dalla mia naturale attrazione per il grafic design. Ho una spiccata sensibilità per le campiture, le linee, il lettering, l’impaginazione e, a volte, combatto questo rigore e cerco di propormi più libero e ogni tanto ci riesco. Ancora una volta questo accade meglio con la musica, dove non c’è una griglia ma solo un libero flusso.

Piacciono al pubblico le GIFferent Vision (si vedono in Youtube), esposte nella mostra Mordere la Coda! ospitata alla Casa Degli Artisti l’anno scorso, ci racconti cosa hai fatto?

Irrequieto e impaziente verso i naturali tempi lunghi del sistema espositivo e produttivo dell’arte, per caso ho incontrato le GIF, che sono queste micro clip che girano sul web a cui ho cercare di dare una piega “colta” e artistica. L’incontro con le GIF è stato per me la “Tempesta perfetta”: una tecnica a zero lire, rapida, prodotta e gestita nella rete, senza nessun tipo di limite e che ti restituisco una immediata gratificazione. In queste GIF/clip tutto può accadere: arte, musica, grafica, letteratura, politica, sport, architettura, ecc. si incrociano, dialogano, si combattono, si amano, si accavallano. Tutto ciò si incontra in modo serio o ironico; racconta piccole storie, anche senza senso, anche solo per mero gusto estetico. Ho fortemente applicato il concetto del musicista e compositore Frank Zappa, AAAFNRAA “Anything Anytime Anywhere for No Reason At All”: tutto può accadere, senza nessuna ragione. Esattamente come la vita. Ho prodotto circa 2300 GIF in 9 anni, quasi una al giorno. Queste singole GIF poi le ho montate insieme e presentate anche fuori dal WEB, e li prendendo la forma di una video-clip. Sono così stato invitato a fare una residenza “anomala” alla Casa Degli Artisti. Anomala perché senza sede e con la libertà assoluta di prendere spunti da quello che accadeva nella Casa e dei suoi frequentatori, siano essi artisti, musicisti, critici o il regolare pubblico. Alla fine della residenza ho restituito una grande proiezione delle GIF prodotte e montate in video-clip, una mostra nei grandi spazi della Casa -mostra di opere che aiutavano a capire l’origine della mia sensibilità grafica e del conseguente processo produttivo delle GIF-, concluso con un coinvolgente concerto dal vivo che mi vedeva alla batteria e percussioni.

Quando il rumore diventa opera d’arte e come?

Il rumore è uno degli elementi acustici che accompagna il quotidiano e che fa parte del suono. Quando le due cose lavorano al meglio, diventa musica. Il rumore lo percepiamo istintivamente come fastidioso anche se, organizzato e inglobato nella musica, può dare risultati inediti e sorprendenti. Ad esempio si vedano alcune opere di Karlheinz Stockhausen, dei Einstürzende Neubauten o, estremizzando, Merzbow (Masami Akita) un compositore rumorista giapponese veramente estremo al limite del dolore fisico.

Anche io uso una certa dose di rumorismo nelle performance dal vivo con lo scopo di aggiugere tinte e colori diversi e improbabili alla composizione in diretta.

Hai ricevuto il 16° Premio Pasinetti alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2019, ci racconti cosa hai presentato e cosa ti ha lasciato in eredità questa esperienza?

Un amico artista conosceva alcuni dei membri della giuria del prestigioso premio, a cui mi ha segnalato. Mi hanno contattato e mi hanno invitato a sottoporre una opera per il settore GIF / Nuovi linguaggi. Ho mandato la clip che era già diventata la sigla di apertura di un programma televisivo sull’arte contemporanea, Italian Art factory, e sembra essere stata la migliore scelta visto il premio che mi è stato assegnato. È stato molto divertente scivolare idealmente affianco ai grandi registi e attori dell’industria cinematografica per noi artisti che rimaniamo ancora in una limitata e circoscritta bolla auto-riferita e spesso artigianale.

Chi sono i tuoi galleristi e come ti inserisci nel mercato dell’arte?

Non ho una galleria di riferimento. Ho invece relazioni personali e professionali con diversi galleristi. Di recente ho esposto a Milano nella bella galleria di Giovanni Bonelli con una mostra a tre “NOT SO QUITE, PLEASE!”, sul tema dell’incontro delle arti visive con la musica, argomento che è sempre stato centrale nella mia ricerca. Anche in quella occasione ho presentato un live di musica free-impro molto apprezzato. Sono decenni che espongo saltuariamente in progetti con Giampaolo Abbondio, ex Galleria Pack ora con galleria a Todi e a Milano. Seguo il buon lavoro che fa la galleria ARTRA, Marcella Stefanoni e il figlio Matteo Masciulli che di recente hanno un nuovo e affascinante spazio a Milano.

Cosa pensi dell’intelligenza artificiale, l’hai già sperimentata?

Nolenti o volenti, l’intelligenza artificiale accompagnerà l’umanità prossima futura. Il pericolo è come l’umanità utilizzerà tale risorsa e, si vede la deriva che ha avuto dell’energia atomica, non c’è molto stare allegri.

Io ne ho fatto un piccolissimo uso, per curiosità, ed effettivamente ti semplifica la vita e ti da una miriade di spunti e suggerimenti. Pensavo di utilizzarla per questa intervista. Forse avrei dovuto farlo e vedere se restituiva un “me” migliore o peggiore.

Qual è il tuo sogno nel cassetto?

Ho un’intensa attività onirica e a volte sogno anche oggetti di design con cassetti. Mi basta così.