Athos Collura (1940), figlio d’arte, pittore e scenografo d’origine siciliana, milanese d’adozione dal 1961. L’abbiamo scovato nel suo atelier poco distante dalla Fondazione Prada, dedito alla sperimentazione di diverse tecniche e linguaggi, artistica poliedrico interessato alla critica-denuncia sociale e politica, sempre contro le convenzioni perbeniste. E’ un operatore estetico, cronista di un tempo complesso attraverso opere pittoriche e installazioni ambientali, surreali e visionarie fino all’attuale produzione di dipinti contro l’imperante “cattivo gusto”.
Quando hai deciso di fare l’artista e perché?
Non ho deciso di fare l’artista, ho sempre respirato l’arte appena nato dato che mio padre è stato ottimo pittore ma ha cercato di ostacolarmi all’inizio del mio percorso durante studi artistici. Certo che lo rifarei, senza dubbio!
Sei un classico moderno del New Kitsch ti ritrovi in questo stile , perché?
L’attuale ricerca sul nuovo kitsch è la mia consapevolezza di una deriva culturale negativa dove ogni esistenza del sentimento umano è stata polverizzata come falsa verità. Nella ricerca ne scaturisce una pseudo-verità in cui l’immagine svela il suo inganno nel riconoscere la realtà oggettiva. Ricorro al feticismo di un linguaggio codificato, data la realtà inesistente, contrapponendovi una ricostruzione di visione che, seppur ammaliante, risulta finta ed illusoria.
Sei stato un “guitto” psichedelico attivissimo negli anni Settanta con performances live , quando hai presentato ambienti stranianti, anticipando i cosiddetti “Ambienti Immersivi”, ci racconti cosa combinavi nell’epoca dell’arte sperimentale e “fuori” dai circuiti tradizionali?
Sono siciliano e ho il teatro nel DNA, una passione che mi ha sempre portato alla ricerca di spettacolarizzare l’opera pittorica tramite la creazione di ambientazioni in cui il fruitore diventa attore inconsapevole. Negli ultimi anni ‘60 la mia attenzione si è volta nel creare grandi ambienti cosiddetti Eden volutamente innaturali in cui le tecnologie, quali colori fluorescenti, la luce Wood e la musica si combinavano per ottenere energia tesa a dare sfogo alle nevrosi dell’uomo per generare sogni, fantasie, pulsioni positive ma anche allucinazioni. Ecco quindi la realizzazione della Stanza dei Pavoni, completamente dipinta sia dal pavimento al soffitto (altezza di tre metri, cinque metri per cinque metri): esperienza dettata da un radicale mutamento di un perbenismo internazionale ed anche italiano.
Lavori per cicli tematici, attualmente cosa stai dipingendo?
Io per la mia natura di curioso culturale e ironico, sono un cronista e come tale sono attento all’ implementazione di una città come Milano, mutata da fervida e generosa a contraddittoria, segnalata da malesseri e vittima di un’annunciata crisi; nascono così i cicli tematici, dalle poetiche del Desengaño alla Visual Codex, mimetizzazione del sistema dell’arte in mero strumento di mercato, l’arte diviene, infine, un prodotto! Oggi la mia attenzione è rivolta “all’ovvio e al banale quotidiano”, al Nuovo Kitsch.

Non hai una galleria che ti promuove, come vendi e proponi il tuo lavoro?
Tale domanda esula dal mio principio di libertà e dal giogo del sistema mercato-dell’arte; la mancanza di una galleria di riferimento o di un contratto di un mercante è un indicibile impegno che comporta più di un rischio e il sacrificio di auto- escludersi dal condizionante mercato.
Prediligi la figurazione da sempre, quale artista del passato avresti voluto essere?
Certamente la figura umana viene da me percepita come gioco speculare tra l’immagine realistica e la proiezione dettata dalla memoria e percepita fortemente dallo spettatore-fruitore perché l’inquadratura, la prospettiva allusiva, le quinte teatrali partecipano allo spaesamento svelando la relatività della vita, il suo inganno, l’amara solitudine: è una vera indagine umana o piuttosto la riproduzione mimetica del falso reale? Amo il teatro!
Qual è l’opera che ti rispecchia meglio?
Purtroppo non posso indicare l’opera che più amo, non ho preferenze perché le opere vere sono nella mia mente-creatrice ed il quadro ne è solo il prodotto materiale.
Cosa pensi dell’Intelligenza Artificiale , l’hai sperimenta?
Penso che sia un falso problema; è un unico regolare procedere nelle ricerche tecnologiche che contribuiscono all’umanità e che purtroppo ci renderanno sempre più omologati mentre ubbidiamo a un potere supremo. Lo stiamo sperimentando quotidianamente in modo inconsapevole. Spero pertanto di intraprendere presto una sfida concorrenziale nell’àmbito del “fare artistico” con l’intelligenza artificiale in modo da poter condividere una maggiore produzione di opere e ricerche creative.
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
È una domanda che mi spiazza dato che ho trascorso una vita concimando, nel cassetto, terreno per far crescere umili fiori: le mie opere.