Il vetro artistico di Michela Cattai è oramai cosmopolita. Seppur ispirati alla flora autoctona della laguna veneziana, reinterpretata attraverso un linguaggio contemporaneo, i suoi vasi viaggiano a New York, dove riscuotono forte apprezzamento, ma anche a Parigi, dove sono esposti in questi giorni all’ Hôtel de Crillon nel quadro della Design Week locale (dal 16 al 20 gennaio), senza dimenticare le numerose gallerie che la rappresentano in tutto il mondo e, ovviamente, il suo studio di Milano, nel cuore di Brera.
Le sue creazioni, realizzate in simbiosi con valenti maestri vetrai di Murano, rendono omaggio a una tradizione più che millenaria, dal fortissimo carattere identitario. Tuttavia l’autrice, già direttore artistico di Venini, fonde (in senso sia metaforico che fisico) eredità storica e innovazione, con un attento sguardo alla dimensione globale.
Anche nella recentissima collezione “Born Botanica”, presentata attualmente nella capitale francese, Michela Cattai esplora la materia vetrosa in profonda connessione con il territorio lagunare in tutti i suoi aspetti. Il vetro diventa materia viva, trasformandosi in una metamorfosi cromatica che esprime equilibrio tra tensione e forme libere, tra gesti precisi e affascinanti imperfezioni. Ogni pezzo rivela un dialogo intimo con la materia, riflettendo un approccio poetico e audace alla scultura in vetro. Questa sensibilità fornisce un contributo significativo al panorama del vetro artistico contemporaneo.
Nel caso specifico, il perno della sua ispirazione è costituito dalla ricchezza biologica della laguna veneziana, con al sua biodiversità vibrante e la luce in continua trasformazione. Tra atmosfere e presenze organiche, ogni scultura rende omaggio alla fragilità e all’armonia del delicato ecosistema locale. “Born Botanica” scaturisce da un equilibrio tra le parti, frutto di un viaggio sensoriale che approda a forme scultoree senza tempo. Trasparenze, sfumature cromatiche e forme fluide si fondono in una narrazione poetica che esalta la bellezza effimera della natura. Michela Cattai invita lo spettatore a perdersi in un dialogo intimo tra arte e ambiente, dove ogni pezzo diventa un prezioso frammento di un ecosistema delicato e vibrante.
L’artista rimane sicuramente radicata in quel substrato ma lo interpreta e lo fa evolvere al di là delle lavorazioni di quel comprensorio, che talvolta appaiono fisse, dogmatiche e un po’ ripetitive. Le forme organiche e dinamiche delle sue opere creano un’interazione tra luce e materia in un gioco di riflessi e trasparenze seducenti. A livello cromatico, le collezioni puntano su una palette di toni intensi e profondi, come il grigio fumo, il rosso granato e il verde smeraldo. I vasi presentano anche un’impetuosa tridimensionalità: le propaggini turgide e succulente che si ramificano nel vetro – come fossero individui sottomarini – non fanno altro che rendere ancor più unica la relazione tra la materia (la massa vitrea) e il monocolore (nei suoi giochi di stratificazioni).
Proprio nel valorizzare e reinterpretare le antiche tecniche muranesi, Michela Cattai propone una sua ricerca multilaterale: guarda al passato per generare innovazione, osserva la natura per creare artificio.