Emanuele Beluffi, giornalista milanese, esperto d’arte e organizzatore di mostre, è il nuovo direttore de ilgiornaleOFF. Ecco le sue ispirazioni e la sua linea alla guida della testata fondata da Edoardo Sylos Labini.
Dopo Angelo Crespi, Giovanni Terzi, Beatrice Gigli e Raffaella Salamina la direzione di OFF passa a te: quali saranno i punti di riferimento di questo nuovo corso?
Innanzitutto grazie a Edoardo Sylos Labini per la fiducia accordatami. Mi onora succedere a questi grandi direttori, giornalisti che stimo e che hanno dato a OFF una visione che raccolgo in eredità con l’ambizione di potenziarla. Penso che porterò l’esperienza di chi naviga nel mare magnum dell’arte da un po’ di anni, ma senza quella fastidiosa attitudine snob che, come dice la parola, è tipica di chi la nobiltà non ce l’ha. E poi, certo, lotta continua al politically correct di chi metterebbe le mutande alle statue per non offendere i visitatori: quando Jacques Chirac aveva a cena all’Eliseo il leader di qualche paese musulmano mica beveva l’acqua minerale per farlo contento, sorseggiava dell’ottimo vino francese.
Oltre a raccontare l’identità dei nostri territori, quali saranno le novità?
OFF sarà la pubblicazione satellite di CulturaIdentità, ma con un occhio di riguardo alle arti visive e a tutte quelle imprese culturali “off” che non trovano spazio sui magazine mainstream. Il discrimine ovviamente è la qualità, sempre tenendo la barra al centro, cioè all’Italia. Poi è ovvio che i grandi eventi internazionali come la fashion week a Milano, la Biennale di Venezia o Artissima a Torino saranno su OFF, non foss’altro che per dovere di cronaca culturale, ma soprattutto perché il talento nascosto, lo “sleeper”, spesso sta lì. Idem per il luogo, istituzionale o privato che sia: se la mostra o il film o lo spettacolo in questione ha un’attitudine “off”, OFF c’è.
Ci saranno dei temi che avranno particolari attenzioni?
La globalizzazione degli anni ’90 del secolo scorso ha prodotto un’eterogenesi dei fini, cioè l’emergere di esperienze culturali territorializzate che danno forma e sostanza alla globalizzazione stessa, per cui con uno slogan potremmo dire che se non sei glocal non sei global. Torniamo agli “sleeper” di cui sopra, che non sono solo singoli artisti ma anche imprese culturali territoriali da scoprire e promuovere: pensa soltanto alle reti degli avamposti culturali dei territori, associazioni, fondazioni et cetera.
Hai dei modelli a cui ti ispirerai?
Direi di no.
Qual è la tua città identitaria?
Ronsecco, un borgo di origine antica nel vercellese. La scorsa estate ho intervistato Davide Gilardino, sindaco e presidente della Provincia. A un certo punto gli ho chiesto della leggenda che vorrebbe il Castello abitato dai fantasmi e lui mi ha risposto testuale: “Vedere per credere!”. Però non te lo dico se poi ho avuto un incontro ravvicinato con gli spiriti.