“Un marito invisibile” per dirci quello che siamo diventati

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Fiamma (Maria Amelia Monti) e Lorella (Marina Massironi) si parlano in videocall, sedute nel proprio appartamento. Non si vedono da tempo. La situazione sentimentale è l’argomento al centro dei discorsi. Le due donne sono agli antipodi per destini, o almeno sembra, inizialmente. Fiamma, ha raggiunto una certa stabilità esistenziale.
 
Si è trasferita in campagna con suo marito di cui si ritiene soddisfatta. Lorella, invece, dopo una vita affettiva precaria all’insegna degli ansiolitici, svela all’amica di aver conosciuto in chat l’uomo della sua vita e, finalmente, si è sposata. Si chiama Lukas. Ha una particolarità: è invisibile.
 
Da qui, una serie di scherni di Fiamma nei confronti dell’amica, che ritiene matta. Ma l’invisibilità ha il suo fascino. E anche Fiamma dovrà farci i conti. Quella stessa invisibilità, che in realtà caratterizza il rapporto tra Fiamma e suo marito, sedurrà Fiamma stessa. Il finale, che non sveliamo, ribalta i pronostici e i ruoli dei personaggi, avvicinandoli nella solitudine e disperazione delle “nostre” vite. Edoardo Erba, autore e regista della pièce “Il marito invisibile”, in scena al Teatro Manzoni di Milano, metaforizza scenicamente la realtà in cui siamo precipitati dopo il lockdown.
 
In una scenografia minimalista, due grandi schermi proiettano quello che i due personaggi, uno accanto all’altro, vedono sul piccolo schermo del proprio computer. È una scelta sperimentale, innovativa, riuscita, che ha il pregio di raffigurarci quello che siamo diventati. Siamo lontani non solo, virtualmente, attraverso un monitor ma anche, fisicamente, quando siamo uno accanto all’altro. Come accade a Fiamma vicina a suo marito ma lontana da lui, nell’incomunicabilità.
 
Come accade al pubblico in sala vicino ai personaggi, che guarda più la proiezione della scena che la scena stessa. D’altronde siamo abituati così. A vivere la vita attraverso uno schermo. Le brave, non sono una sorpresa, Maria Amelia Monti e Marina Massironi ci regalano tante risate in 80 minuti di una commedia intermezzata da battute esilaranti, su tonalità tragicomiche, È un preludio a un finale sorprendente, scomodo, che ci ributta, con un “pugno nello stomaco”, nella difficile realtà che ci attende ogni giorno.