La società, i costumi e i nuovi linguaggi tecnologici di questi anni, dai quali gli adulti si sentono sempre più spesso tagliati fuori, le tematiche di “Neanche il tempo di piacersi” di Marco Falaguasta, in scena il 10 febbraio al Grandinetti di Lamezia Terme, ove inaugurerà la stagione di “Vacantiandu in anteprima”, e l’11 al Sybaris di Castrovillari. Nello spettacolo, diretto da Tiziana Foschi, anche autrice del testo con Alessandro Mancini e lo stesso Falaguasta, l’attore romano porta in scena le differenze tra gli ex ragazzi degli anni ‘80 e i giovani d’oggi, con uno storytelling divertente e arguto, all’insegna di un confronto generazionale privo di pregiudizi. “Mi sono accorto di aver assunto lo stesso atteggiamento di critica alle nuove generazioni che mio padre aveva con me – ci dice – così ho deciso di interrompere questa catena ponendomi con equità nei confronti dei ragazzi. Ho scoperto una generazione molto più informata e dinamica della nostra, anche grazie alle maggiori possibilità comunicative dei nuovi mezzi, comprendendo che noi adulti dovremmo osservare e ascoltare di più i nostri figli. Ho provato così a fare un incontro generazionale, mettendo a sistema le loro abitudini con le nostre conoscenze e vedere cosa sembra strano a noi dei giovani, e viceversa”. “Neanche il tempo di piacersi” proseguirà il suo viaggio in giro per l’Italia a Milano (24 febbraio), Legnano (25 febbraio) e Torino (8 marzo).
Come viene affrontato questo confronto generazionale nello spettacolo?
“Nel testo si ride dei nostri comportamenti e di come i nostri ragazzi ci vedano, perché ai loro occhi siamo comici, come a noi appaiono ridicoli tanti loro comportamenti. Sono partito dagli anni ’80, periodo di spensieratezza, dove finalmente non si sparava più, ma si ballava. Se poi siano stati anni di effettiva spensieratezza o meno ce lo domandiamo durante questa pièce in cui interpello molto il pubblico. E’ infatti uno spettacolo di confronto tra una nuova generazione e chi ha vissuto quel periodo”.
Osservando la generazione dei tuoi figli secondo te cosa hanno in più i ragazzi di oggi rispetto a quelli di allora?
“Noi negli anni ’80 avevamo bisogno per organizzarci di una determinata tempistica mentre i ragazzi sono molto più rapidi nel conoscersi e frequentarsi. I nostri corteggiamenti erano delle vere proprie istruttorie, perché avevamo bisogno dell’amica che ci dicesse come si chiamava e dove andava a scuola la ragazza di cui eravamo innamorati. Era tutto lento, sospeso, e anche la musica che faceva da colonna sonora alle nostre prime storie d’amore era melodica. Oggi i ragazzi, grazie ai social, sono molto più veloci e la musica è del tutto diversa. Anche in questo l’incontro coi nostri ragazzi è da affrontare senza pregiudizi”.
E’ una generazione dinamica ma che ha perso, a causa delle pandemia, esperienze di vita importanti. Come ne vedi il loro futuro alla fine dell’emergenza sanitaria?
“Mi auguro che abbiano la possibilità di rifarsi, perché gli sono stati rubati due anni di vita essenziali, quelli delle prime autonomie e libertà, dove inizi a sentirti grande. Sono dovuti stare tanto a casa e si sono adattati molto meglio di noi, perché già da prima si parlavano attraverso WhatsApp , ma sono quelli che ci hanno rimesso di più perché dovranno recuperare tutta quella parte di vita. Spero infatti che ne abbiano la forza, la voglia e l’entusiasmo per farlo, perché dalla loro parte gioca la giovinezza”.