Rifiuta la mascherina, lo mandano al manicomio

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Foto di Alexandra_Koch da Pixabay

A Fano pochi giorni fa un ragazzo di 18 anni si è rifiutato di indossare la mascherina in classe legandosi al banco: è stato poi portato al pronto soccorso dove è stato ricoverato in regime di Tso. (Redazione)

Lo scorso 5 maggio un diciottenne che si rifiutava di indossare la mascherina all’interno dell’istituto superiore di Fano nelle Marche ha subito un TSO. La prima domanda che potrebbe sorgere spontanea di fronte all’applicazione di un trattamento sanitario obbligatorio è se questa persona avesse squilibri mentali, tanto da causare del male a se stesso o al prossimo, o commettere azioni pericolose. Ma quando la risposta a tale domanda fosse negativa, la successiva dovrebbe essere : perché allora un ragazzo che si rifiuta di rispettare delle regole scolastiche, manifestando, come è suo diritto fare secondo la Costituzione Italiana, dovrebbe addirittura essere sottoposto ad un trattamento sanitario obbligatorio? Da quando esiste la scuola esistono note e sospensioni per tutti coloro che non rispettano le norme scolastiche, non un TSO. Di conseguenza la terza domanda che bisognerebbe farsi di fronte ad un tale episodio è: perché il fatto di rifiutarsi di indossare un dispositivo di protezione e protestare dovrebbe essere un motivo per richiedere addirittura urgenti interventi terapeutici con risvolti sia medici che giuridici, per tutelare (come è previsto dal concetto di T.S.O.) la salute e la sicurezza del paziente?

Il fatto di non rispettare una regola scolastica è giusto e comprensibile che venga sanzionato dal personale scolastico se ritenuto necessario. Ma non può e non deve essere concepibile che un cittadino maggiorenne che protesta per le sue idee, più o meno condivisibili, debba per questo essere considerato un pazzo da prelevare a forza per portarlo in un ospedale psichiatrico. 

I medici hanno diagnosticato al diciottenne uno stato di agitazione. Direi più che comprensibile in un adolescente portato in psichiatria contro la sua volontà, di fronte a tutta la scuola. Va ricordato inoltre che i TSO possono avere risvolti psicologici in chi li ha subiti anche molto gravi. 

Il ragazzo è stato rilasciato dopo quattro giorni, anziché sette, perché evidentemente non era necessario trattenerlo ulteriormente .

Insomma è davvero inquietante constatare che chi rivendica un’idea personale possa per questo essere etichettato come un possibile malato mentale. E’ davvero sconcertante pensare che un ragazzo che non danneggia nessun altro, ma al massimo non rispetta delle regole scolastiche (e da quando esiste la scuola esiste chi non rispetta delle regole), anziché essere richiamato da professori o dal preside, è portato via da polizia e 118 solo perché non vuole indossare una mascherina e per protesta si lega con il lucchetto della bici a un banco. 

 Il TSO ha forse sostituito la nota sul registro? Questo ragazzo, descritto come uno studente in gamba, tutto fuorché aggressivo o pazzo e anche piuttosto timido e sommesso , in realtà, a prescindere dalle idee che lo hanno portato a protestare, è semplicemente un normale cittadino che liberamente esprime le sue posizioni. Si chiama libertà di espressione, un sacrosanto diritto in un paese democratico. 

La dottoressa dell’ospedale alla domanda se fosse il caso di sottoporne il ragazzo a questo trattamento, ha risposto che ha attorno persone che lo stanno mal consigliando. E per questo quindi merita un trattamento psichiatrico? Da quando dei consigli ritenuti “cattivi”, secondo il parere personale della dottoressa, renderebbero pazza una persona? 

Questo episodio non deve diventare simbolo di negazionismo. Non può e non deve essere strumentalizzato in nessun modo, come sempre più spesso succede, perché in questo mondo cosi fluido in realtà ci sono sempre più etichette.

Questo inquietante episodio dovrebbe invece servire come spunto di riflessione, ed eventualmente di grave condanna se le ulteriori indagini che sono in corso lo riterranno necessario. 

I ragazzi sono forse tra i più psicologicamente danneggiati da questo momento storico, e per questo bisognerebbe sviluppare la massima comprensione e apprensione verso qualsiasi tipo di loro comportamento e parola. L’adolescenza ai tempi del covid è ancora più complessa. Ben vengano ragazzi che sviluppano idee, punti di vista, pareri, e che sopratutto approfondiscono la realtà che li circonda. Se però il senso critico e il prendere posizioni, che possono anche andare controcorrente, deve diventare una minaccia, o motivo di discriminazione, tanto da ricorrere ad interventi  come il TSO occorre necessariamente farsi qualche domanda in più. Davvero siamo arrivati al punto di dover temere di essere considerati pazzi quando esprimiamo un’opinione contraria al pensiero comune?