Il turismo del benessere è il motore dello sviluppo delle regioni italiane

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Il termine benessere (da ben – essere = “stare bene”) oggi indica uno stato complessivo di buona salute fisica, psichica e mentale della persona, non necessariamente legato all’assenza di patologie. È questa la definizione di salute adottata dall’OMS già dal 1978. Il benessere è uno stato che coinvolge tutti gli aspetti dell’essere umano e caratterizza la qualità della vita. La ricerca del benessere, identificato anche con il termine inglese di “wellness”, ha portato alla nascita e allo sviluppo di un settore commerciale e turistico specifico, che punta a far raggiungere ai clienti uno stato di completo relax con diversi trattamenti, da quelli tradizionali (prestazioni mediche e fisioterapiche) a quelli legati alla medicina alternativa. Negli ultimi anni il mercato è stato interessato da un notevole sviluppo sia quantitativo che qualitativo dell’offerta e delle modalità di erogazione del servizio. Si sono affermati nuovi modelli di ospitalità; sono sempre più frequenti le proposte che integrano i trattamenti termali con il fitness, la bellezza con la meditazione, il relax ed il buon cibo. Tutto questo va connotandosi come “turismo del benessere”, cioè un viaggio in cui il fulcro dell’esperienza turistica è rappresentato dal soggiorno presso strutture e località collegate ad ambienti rilassanti in cui ritrovare un elevato livello di qualità della vita.

Il turismo del benessere e quello legato a prestazioni mediche forniscono all’industria del turismo europeo un fatturato annuo vicino ai 250 miliardi di euro, e più precisamente: dal turismo del benessere o wellness tourism arrivano 176 miliardi di euro, da quello medico-sanitario o health tourism 69 miliardi. A livello globale, parliamo di 649 miliardi di euro di volume nel 2018 (tasso di crescita +3% annuo), con 830 milioni di viaggi intrapresi dai turisti del benessere (fonte: Global Wellness Institute 2018). Le più recenti indagini di settore riferiscono in particolare di un segmento in sostanziale tenuta rispetto ai trend di mercato, grazie soprattutto a un progressivo processo di “svecchiamento” dei target di clientela, con una quota crescente di utenti con età compresa tra i 20 e i 45 anni e una propensione al viaggio anche nel periodo primaverile ed autunnale.

L’Europa è il primo mercato per il turismo del benessere (alla pari col nord America), con l’Italia nei top five del vecchio continente. Nel nostro Bel Paese, il turismo del benessere nelle SPA (Salus per Aquae) ha fatturato nel 2017 ben 2,8 miliardi di euro a cui si aggiungono altri 1,5 miliardi del settore termale (in 798 strutture in tutta la penisola: siamo quinti al mondo) e 1,4 miliardi del cosiddetto corporate wellness (programmi di benessere sostenuti direttamente dalle aziende) per il quale l’Italia si colloca al settimo posto mondiale.

In crescita la quota percentuale (ma non il dato assoluto) dei “servizi benessere” e dei “trattamenti estetici”. In consistente aumento anche il turismo medico: in seguito alle crisi economiche (in particolare post 2009) gli italiani hanno scelto con sempre più frequenza di unire la vacanza con una cura odontoiatrica, un trattamento chirurgico, un intervento di estetica o per sottoporsi a trattamenti di procreazione assistita. Il tutto, cercando di risparmiare il più possibile. Il “turismo medico” vale oramai quasi un miliardo di euro l’anno, di cui il 20% spesi per il soggiorno, il viaggio e lo shopping. Il settore, secondo lo studio, si rafforzerà tanto più quanto più perdurerà la crisi economica in Italia, con incrementi prevedibili dell’ordine del +9% annuo. Gli italiani che scelgono di andare all’estero per motivi sanitari prediligono la Croazia (16,7%), l’Ungheria (14,6%) e la Romania (13%), che corrispondono alle tre destinazioni più gettonate per il turismo odontoiatrico.

Nella primavera ed autunno 2020, oltre che nell’inverno 2021, causa crisi Covid, c’è già stata una riduzione estremamente rilevante del fatturato. Ancor di più, quindi, creare un’offerta valida per questo tipo di turismo non è scontato, ma è un modo per salvaguardare e promuovere il territorio, garantendo elevati standard di sicurezza. Accanto alle ricchezze che ogni regione offre nel suo contesto naturale, nascono forme innovative e indirette di marketing territoriale. Anche le località considerate minori possono acquistare nuovo valore, specialmente in un momento in cui i viaggi all’estero sono scoraggiati. E non si tratta solo, per hotel e resort, di offrire centri fitness, piscine e Spa, ma di arricchire l’offerta con ulteriori servizi legati al benessere in senso più ampio, anche all’aperto. Dal programma di workout in camera ai menù gluten-free e vegani, dalla possibilità di gustare le bontà locali alla promozione dei prodotti a filiera corta, nell’ottica di un miglioramento della qualità della vita a 360°. Ecco quindi che il turismo del benessere diventa elemento proattivo nello sviluppo di numerose regioni italiane, contribuendo a un miglioramento generale del territorio e all’innalzamento del livello di qualità complessiva della vita. Qualche esempio? La Toscana ha saputo coniugare paesaggi stupendi, buon cibo, ottimo vino con un turismo del benessere all’avanguardia. Questa regione richiama il relax assoluto, tanto da essere apprezzata anche da moltissimi turisti internazionali. Siti termali storici e importanti si affiancano a località minori ma altrettanto apprezzate. Gli stabilimenti termali sono inseriti in un contesto ambientale che si caratterizza per la presenza di molte tipologie di ricettività e di altri turismi, con grandi modifiche realizzate ad hoc negli ultimi 20 anni. Acque fredde oligominerali e sulfuree, piscine olimpioniche, cure inalatorie e idropiniche, il tutto a soli 10 minuti dallo splendido capoluogo fiorentino. Un altro caso di successo è quello del Trentino Alto Adige, che concentra circa un quarto delle Spa residenziali nazionali (cioè localizzate nei centri termali e negli hotel), seguito a distanza da Campania, Veneto e Toscana. Una speciale attenzione ai produttori locali e l’utilizzo di modelli di consumo a filiera corta, che prediligono il contatto diretto fra il produttore e il consumatore, si coniugano a processi di valorizzazione dei cibi tipici e di ripresa delle tradizioni locali, elementi chiave che accompagnano questa speciale forma di turismo e possono contribuire a conferire valore aggiunto a tutte le regioni dello stivale.