L’arte degli ultimi 50 anni e all’epoca del Covid: cosa cambia e perché
Sandro Serradifalco, editore, critico, saggista, responsabile editoriale di Art Now e ARTISTI e ideatore della Biennale dei Normanni, è l’incarnazione dell’ingegno poliedrico applicato al mondo dell’arte. Con lui parliamo delle sue creature, del presente e del futuro del sistema e del prossimo colpo che metterà a segno…
Caro Sandro, parlaci della Biennale dei Normanni: cosa la distingue dalle altre Biennali e Quadriennali d’arte che affolla(va)no il Paese?
«Le Biennali e quadriennali di un tempo costituivano una reale rappresentazione delle tendenze stilistiche del momento, rappresentavano un autentico trampolino di lancio per gli innovatori e sperimentatori. Oggi, nella maggior parte dei casi, sono delle vetrine gestite dal mercato. La nostra Biennale nasce con l’intento di dare visibilità ad artisti esclusi da quel settore artistico che tiene conto più all’interesse economico che al valore tecnico ed estetico dell’autore».
Tu sei anche l’artefice dell’Annurario ARTISTI, di cui stai per pubblicare l’edizione 2021, vuoi anticiparci qualche novità?
«L’edizione 2021 sarà ancora una volta l’occasione per raccontare l’evoluzione del modo di concepire l’arte degli ultimi cinquant’anni. A differenza delle ultime due edizioni, cercheremo di fornire maggiori testimonianze critiche con approfondimenti curati da Angelo Crespi e Vittorio Sgarbi».
Quanto ha influito a livello di estetica questo annus terribilis sul lavoro degli artisti che segui?
«Negli ultimi mesi ho visionato numerose opere fortemente incentrate sulla tema del Covid o del lockdown. Alcune molto belle, senza dubbio valide testimonianze storiche del periodo che purtroppo stiamo ancora vivendo. L’artista è sempre un acuto narratore del suo tempo, anche se spesso si limita al ruolo di semplice cronista».
Secondo te a livello di mercato chi prima dominava il campo ha continuato a farlo anche in questo 2020 epocale?
«Credo che, come la quasi totalità delle attività, anche quella del mercato dell’arte abbia subito una battuta d’arresto. Va detto però che dopo un primo momento di incertezza e di sospensione delle attività, molte case d’asta hanno trovato il modo di reinventarsi online e di fare, nonostante tutto, fatturato. A differenze delle piccole gallerie, che hanno subito sostanziosi danni. Dimostrazione che anche questo settore deve puntare molto sull’e-commerce».
Una volta c’erano le scuole, le correnti, i gruppi artistici, oggi invece il panorama è il deserto dei Tartari: la tempesta perfetta per creare un nuovo movimento?
«Si, i tempi sono maturi per creare un nuovo movimento, noi di Art Now ci crediamo realmente. Abbiamo bisogno di una “casa degli artisti”, al fine di sostenere, incentivare e promuovere, oltre che le nuove leve, anche coloro che rappresentano con coraggio le nostre tradizioni culturali».
Meglio un critico che fa l’artista o il contrario? O meglio ciascuno a casa propria?
«Non ho dubbi, ciascuno a casa propria».
La mostra più folle che avresti voluto realizzare e che non hai ancora fatto
«Valutando ogni giorno varie opere, spesso mi imbatto in “croste” inenarrabili che sono costretto a scartare per ovvie ragioni. Ti confesso che mi divertirebbe selezionarne annualmente un centinaio per allestire la mostra dei miei refusés. Ovviamente darei spazio alle opere brutte (che poi in fondo così brutte non sono mai) piuttosto che a quelle banali o tecnicamente mediocri».