Teatri chiusi da più di 100 giorni, 10 artisti in un’unica casa e 10 spettacoli, 10 storie in cui la vita degli attori si mischia a quella del pubblico che assiste. Quello che sembrerebbe un improbabile incipit di un saggio sul Decameron è in realtà una storia di resistenza, quella di Sarah Falanga e del suo progetto “Ritrova-menti”.
Dieci artisti e operatori culturali che condividono una casa nel Cilento, dieci puntate che narrano la storia di una compagnia di attori portando il teatro nelle piazze, nei vicoli, tra la gente comune che assisterà alla pièce dai propri balconi. Il teatro che va a riprendersi il suo pubblico, nell’eco di quegli edifici anonimi che sono diventati oggi i teatri. Dieci spettacoli da cui nascerà una docuserie in 10 puntate.
Siamo a Capaccio Paestum, luogo dell’anima per Sarah, terra di miti e culture antiche dove un edificio teatrale non c’è – ad oggi è in costruzione – ma dove il teatro è arrivato nel 2006 grazie alla tenacia di Falanga che a Capaccio ha messo radici fondando l’accademia Magna Graecia e il progetto Nutri-menti. È da qui, da questo progetto, che l’antica polis di Poseidonia si riappropria del teatro, come “diritto fondamentale dell’uomo”.
Sarah Falanga, nota al grande pubblico per L’amica geniale e Gomorra, sul palco per la versione teatrale di Mine Vaganti di Ozpetek, allieva di Vittorio Gassman e Gabriele Lavia, è una di quelle personalità magnetiche che il teatro lo ha sposato.
Ha rinunciato a un’azienda per «dar voce ai silenzi incombenti che popolano la società, specie in Italia, perché bisogna mantenere gli equilibri, la riservatezza» racconta. «Ho deciso di voler vivere per la verità, di portarla in scena. Per questo ho scelto di fare il mio mestiere, voglio raccontare la verità dell’arte, tradurla e darla alla gente».
Il suo ultimo progetto prende forma per resistere alla chiusura dei luoghi dello spettacolo, cercando di mantenere vivo il contatto con un pubblico che va «accudito come i bambini». Perché il teatro è fragile. «Prima della pandemia era già difficile riempire un teatro».
Ritrova-menti cerca quindi di riguadagnarsi l’altra metà del teatro, il pubblico dal vivo. Lo fa attraverso una sorta di Decameron moderno che racconta storie legate a quel particolare luogo del Cilento. «Per esempio c’è la storia di Evelina, personaggio che vive nelle dieci puntate e che rappresenta la violenza che molte figlie hanno subito dai propri padri. Parlo dell’omosessualità: io stessa per la madre di un amico sono stata la fidanzata di suo figlio omosessuale. Parlo del vissuto di questo popolo, di quella umanità che non ha il coraggio di parlare. Nel primo capitolo ad esempio abbiamo chiesto al pubblico che assisteva dai balconi di condividere su un pezzo di carta un breve pensiero, una brevissima riflessione, e di recapitarcelo calando dai balconi il “panariello”. Anche questo un modo per condividere il non detto».
Protagonista del secondo capitolo di Ritrova-menti, il 14 febbraio, non poteva che essere l’amore con Love in Shakespeare: «Un atto d’amore è in grado di fare piccole cose straordinarie. E portare il teatro alla gente è un atto d’amore».