Poeta, romanziere, giornalista. Voce critica della coscienza letteraria, capace di puntare il dito sulle storture di una certa supponenza editoriale. Coniugando la produzione poetica a quella di raffinato critico letterario. Davide Brullo, direttore de L’intellettuale Dissidente e penna de Il Giornale continua ad essere controcorrente. Lo fa tirando un plateale sberleffo alla cultura egemone, ai suoi premi e alle sue imposture in “Stroncature” Gog edizioni. Contro tutti “gli impotenti delle lettere” parafrasando Quadrelli, ma soprattutto contro se stesso. Penna acida e divertente che ha collaborato al nuovo numero di CulturaIdentità. Pubblicando sul nostro mensile un articolo su Dante Alighieri e la sua opera. Parlando della poetica dell’inesprimibile, che dal paradiso arriva fino ai giorni nostri. Raccontando un Dante che non ha contemporanei e per questo sempre valido.
Nel libro lei scrive una poetica introduzione sull’arte della stroncatura. Ma che cos’è per lei quest’arte?
E’ un gioco, un gioco serissimo a fare la guerra. Una capriola in mezzo alla piazza della letteratura. Un colpo di teatro. Poiché la stroncatura ha in sé la dignità formale dell’opera d’arte. Deve essere più divertente che intelligente, impeccabile formalmente, un piccolo cammeo, un’icona. Ben diversa però dalla critica letteraria che gioca su un altro campo.
Ci sono state per lei stroncature più divertenti di altre?
In sé la stroncatura è il gioco di Davide contro Golia. Penso a quelle ad Eugenio Scalfari, a Corrado Augias a Scurati. Perché oltre a stroncare un libro si stronca un idolo, una piccola divinità della letteratura italiana