Questo articolo è stato pubblicato su Italian Factory Magazine
Ma davvero a comandare in tangenziale sono questi qua? Alzi la mano chi conosce Felwine Sarr e Bénédicte Savoy, Saidiya Hartman e ruangrupa. Quest’ultimo è un collettivo artistico di base a Giacarta, Felwine Sarr e Bénédicte Savoy sono due docenti universitari specializzati nella de-colonizzazione dei musei occidentali e chissà cosa che ‘vvor dì ‘sta cosa (ma temo di saperlo), mentre Bénédicte Savoy è una professoressa di letteratura comparata alla Columbia University.
Naturalmente ci sono anche i fantomatici curators nella lista delle 100 persone più influenti sull’arte mondiale stilata da ArtReview (Power 100: The annual ranking of the most influential people in art) e fra i suddetti e supposti potenti, in fondo in fondo alla classifica, sta anche un italiano, Alessio Antoniolli e ri-alzi la mano chi l’ha mai sentito nominare, giustamente dopo Miuccia Prada posizionata al 35esimo posto, quindi piuttosto in alto e molto prima di Cecilia Alemani, inspiegabilmente 48esima signora mia…
Banksy non poteva mancare: è 59esimo, prima di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo addirittura 68esima, un attimo prima dello strillone Ai Weiwei, che evidentemente dopo averla fatta un’altra volta fuori dal vasino non ammalia più gli aficionados facilmente impressionabili.
C’è anche tal Bonaventure Soh Bejeng Ndikung, sotto il nome del quale leggiamo Curator (ma dai!), ma anche Innovative curator, gallerist and educator, ma lontanissimo da Arthur Jafa, piazzato sesto nel clan dei magnifici 100 potenti del mondo dell’arte, uno che fa cose e vede gente e infatti nel 2019 era alla Biennale di Venezia ma io non l’ho visto (ah no! c’era ma non nel senso del visitatore!).
E il curator dei curators? Quello che una ne pensava e 100 ne faceva? L’ex intervistatore compulsivo Hans Ulrich Obrist è solo 19esimo quindi adesso non conta più un c., meno di Steve McQueen (l’artista, non l’attore), sedicesimo ma evidentemente molto più influente di Larry Gagosian, David Zwirner ed Emmanuel Perrotin, vai a sapere perché dei galleristi miliardari che aprono sedi in giro per il mondo come fossero pizzerie adesso contano come il due di briscola.
E chi han messo in cima alla lista dei 100 più potenti del mondo dell’arte? Black Lives Matter, il movimento che non ha bisogno di presentazioni, primo fra tutti, perfino del famigerato #MeToo.
BMW ci ha messo la faccia, il che non è stupefacente: non le avrete mai viste in giro, ma non sono poche le BMW d’artista dal ’75 al 2017 griffate da Calder, Sandro Chia, Jenny Holzer, Jeff Koons e tanti altri big big artisti della storia contemporanea e di conseguenza non sorprende vedere la casa di Monaco di Baviera appoggiare i nuovi sfasciacarrozze, alla BMW sono un po’ come la Rolex che col marketing cavalcò lo slogan del “comunista con il Rolex” e insomma business is good.
Del resto i grandi gruppi industriali hanno sempre avuto paura del pugno chiuso e il fatto che Black Lives Matter sia stato piazzato da ArtReview/BMW in cima ai cento più influenti nel mondo dell’arte non smentisce la regola, soprattutto perché il suo logo è proprio quello del pugno chiuso.
E in realtà non stupisce la notizia in sé: collocare in cima alla lista dei Power 100 of the most influential people in art tre movimenti (BLM primo e #MeToo quarto, in mezzo il collettivo ruangrupa) riflette lo stato di cose mondiale, con la gran parte della stampa (cartacea e webbe) acriticamente prona a manifestazioni iconoclaste come il rovesciamento / imbrattamento di statue ritenute espressioni di pratiche razziste, sputtanamenti social via #metoo, riots di antifa e BLM.
Alla presentazione della Prima della Scala di ieri l’altro la scrittrice Michela Murgia ha dato una lettura classista e ideologica della storia dell’Opera, citando il #MeToo e concludendo che l’arte, evidentemente quella vera, è rivoluzionaria o qualcosa del genere: una lettura come tante altre, né giusta né sbagliata, che mette dentro molto e lascia fuori altrettanto e che riflette quell’unica verità detta da Karl Marx: l’ideologia è la visione del mondo che va per la maggiore in quel momento perché sostenuta dalla classe dominante in quel momento.
Ora questo tempo storico ha questa ideologia degli indignati speciali e casseurs che affascinano i tanti giangifeltrinelli dell’editoria, con il potere quello vero, quello che sostiene i media, che caccia fuori i soldi per far credere che la rivoluzione abbia la sua pezza d’appoggio.
Ecco perché nella classifica dei Power100 i vari Gagosian, Zwirner e Perrotin sono così indietro rispetto a un paio di insegnanti e a un collettivo di Giacarta. Ergo, datevi una sveglia, fate una mostra a questi qua!