E’ morto Paolo Rossi, aveva 64 anni. Il calcio piange l’eroe del Mundial 82. La notizia è giunta nella notte tra mercoledì e giovedì. Rossi era malato da tempo. La moglie Federica Cappelletti, giornalista e scrittrice, su Instagram ha postato una foto che la ritrae insieme al marito e un semplice messaggio: “Per sempre”. E anche su Facebook lo ha ricordato con un’altra immagine di famiglia: “Non ci sarà mai nessuno come te, unico, speciale, dopo te il niente assoluto”. Per l’occasione vi proponiamo l’intervista del nostro Sacha Lunatici a Federica Cappelletti sul film sul grande campione (Redazione)
Sicuramente una donna dalle mille risorse. Dopo aver organizzato con la complicità delle figlie Maria Vittoria e Sofia Elena, una cerimonia a sorpresa alle Maldive per festeggiare i primi dieci anni di matrimonio con Paolo Rossi, l’ex calciatore campione del mondo del 1982, la giornalista Federica Cappelletti è tornata subito al lavoro e racconta con entusiasmo a Il Giornale Off i nuovi progetti che bollono in pentola.
Federica, attualmente a quale progetto ti stai dedicando?
In questo momento sto lavorando alla pre-sceneggiatura del film su Paolo Rossi, mio marito. Un’idea che piace, perché farà rivivere all’Italia e agli italiani le emozioni di un’epoca e di un mondiale indelebili. Un ricordo per molti, una lezione di vita per i giovanissimi.
Sarà un progetto a lunga scadenza, nel senso che abbiamo appena terminato il documentario (presentato a Roma e adesso in fase di distribuzione in Italia e nel mondo) e dovremo mettere in campo tutte le forze per realizzarlo. È un progetto che mi sta assorbendo molta energia, ma aver scritto con Paolo la sua autobiografia, Quanto dura un attimo, mi sta rendendo tutto più semplice e veloce. Soprattutto, perché all’epoca ero abbastanza piccola.
Come nasce la tua passione per il mondo dello spettacolo?
Lo spettacolo mi attrae perché se fatto bene è comunque una forma d’arte e di intrattenimento, come la pittura, come la scrittura. Mi piace la dinamicità, le idee innovative, la collaborazione con le persone e con cervelli pensanti. Anche il calcio, a suo modo, è spettacolo.
Durante il tuo percorso professionale ti sei mai detta: “Ma chi me lo ha fatto fare?”
Non mi sono mai pentita di avere intrapreso la strada del giornalismo, perché, pur avendo avuto altre possibilità professionali, scrivere era quello che sentivo dentro. E’ stata la scintilla, da quando ero ragazzina e saltavo l’ora di ricreazione a scuola per riempire le pagine del mio diario. Ne ho collezionati a centinaia, ogni giorno, ogni istante, ogni emozione, ogni avventura. È stato così che mia madre ha scoperto il mio primo fidanzatino… un delirio! Ma per me era impossibile stare lontana da quelle pagine e da quella penna. A 16 anni collaboravo già per un quotidiano in Umbria, la mia regione, poi ho girato mezza Italia. Di redazione in redazione, prendevo la mia valigia in mano e andavo. Curiosa di conoscere e di mettermi alla prova: volevo diventare professionista e farmi valere. Ho intervistato personaggi immensi, ho avuto grandi soddisfazioni dal mio lavoro. Premi, lusinghe. Anche se non è stato tutto semplice. Scrivere è l’adrenalina che scorre nelle vene, è svegliarsi di notte e aver bisogno di mettere nero su bianco quello che hai in testa. Ma anche raccontarlo sotto altre forme, con il corpo, con la parola. Ho faticato tanto, ma sto raccogliendo i frutti di quello che ho investito!
Nei momenti più complicati, chi o cosa ti ha dato la forza per andare avanti?
Nei momenti complicati mi sono fatta forza da sola, perché sono una testarda. Perché sono tenace, perché la vita mi ha insegnato a lottare e a credere negli obiettivi. Anche in quelli più ardui. Alla peggio, si cade e ci si rialza! Pronti a ricominciare…. Non mi sono mai tirata indietro.
Il luogo comune che proprio non sopporti del mondo dello spettacolo?
Non mi piace la superficialità delle cose, dei prodotti che si “vendono” al pubblico. Bisogna ambire a progetti sempre più strutturati, che facciano intrattenimento ma che diano contenuti. Che spingano alla riflessione. Amo l’intelligenza, odio la banalità.
Il prossimo step della tua carriera che ti piacerebbe raggiungere?
Vorrei continuare a scrivere cose importanti, e magari portarle davanti al piccolo schermo. Vediamo, ci sono più progetti in ballo…
L’episodio OFF della tua carriera?
Gli episodi più magici e surreali sono stati gli incontri con i grandi del ‘900, che uno dopo l’altro ho intervistato, nel tempo: da Rita Levi Montalcini a Enzo Biagi, da Giorgio Bocca a Tonino Guerra, da Dacia Maraini a Fernanda Pivano, passando per Giorgio Albertazzi, Umberto Veronesi, Margherita Hack, Mario Monicelli, il Cardinale Ersilio Tonini, e via dicendo. Ogni incontro, con questi personaggi, è una storia a sè. Una doccia di sapere, una ricchezza ineguagliabile. Un capitolo pieno di aneddoti, di curiosità, di vita passata che si riallaccia al presente. E fa parte del mio bagaglio esistenziale…