Philippe Daverio lo ha definito «un narratore visivo di abitudini sedimentate», aggiungendo che «non vi è dubbio: esiste un immaginario dell’Italia meridionale, dominato dal sole, dalle stagioni, dal mare. Egli narra questo immaginario. Osservando le sue opere, si vive un’esperienza oltre i confini e i minuti scorrono più veloci all’interno della cornice laddove l’anima fuoriesce e viene invasa da forti sentimenti». L’artista di origini pugliesi Nino Perrone, che lo scorso anno ha partecipato alla Biennale di Venezia e presto presenterà i suoi lavori alla Triennale di Roma, è in mostra dal 14 al 27 ottobre alla storica Galleria Vittoria di Tiziana Todi, in via Margutta nella Capitale, con la personale “Aniconismo Iconico”.
Il percorso «è un esplicito riferimento al testo dello storico e critico Giorgio Di Genova, che inaugura l’esposizione, e alla sua trasposizione dello stretto legame fra l’ambiente esterno e la mia produzione artistica. Le opere esposte, infatti, sono tutte caratterizzate da un tratteggio cromatico che si manifesta come interpretazione di alcuni aspetti dell’universo naturale che, nel mio sentire, generano vibrazioni emotive, forze energetiche e visioni di luce e colore», fa sapere Perrone.

Dodici tele ad olio e 10 serigrafie meticolosamente ritoccate a mano dall’autore. Fra i nuovi dipinti realizzati per l’expo capitolina, curata da Todi, ci sono “Lagotto” e “Organismo vivente”, che il pittore ha confessato di amare particolarmente poiché «esalta ogni caratteristica vivacità e forma in un insieme armonico che rende piacevole la vista di chi guarda». Stucco e colla preparano la tela su cui si posa la spatola, accentuando la gestualità policroma, protagonista indiscussa accanto alle molteplici sfumature. Nella promenade, che è un microcosmo di suggestioni cullate dall’emotività delle pennellate di Perrone, anche “Sementi” e “Danza del gallo”, inconfondibili e riconoscibili progetti artistici che ne identificano la personalità espressiva virtuosa, lontana dalle nostalgiche contorsioni metafisiche e piuttosto votata al gioco dell’impressione.
Nell’arte del maestro che «dipinge la vivace anima del mondo», secondo la critica Stefania Pieralice l’intensità compositiva si aggrappa ai ricordi e alla memoria. E allo spirito del Sud.
Per l’esperto Daniele Radini Tedeschi «l’osservatore non rimane un mero ammiratore ma diventa parte integrante del quadro», mentre Giorgio Di Genova scrive che «tutta la pittura di Perrone si ispira alla natura ed è una personalissima traduzione pittorica di aspetti di essa come è documentato dai suoi paesaggi e dalle marine, vere e proprie trasfigurazioni in ritmiche spatolate, taches, svirgolature, pois cromatici che in qualche caso convivono nella stessa opera come nel caso di “Terra di Puglia” del 2012».