L’amore è ossessivo ai tempi dei social

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È disponibile sul portale Rai Cinema Channel il film breve Insane Love scritto e diretto da Eitan Pitigliani, giovane regista che torna dietro la macchina da presa dopo il successo di Like a butterfly con la leggenda di Hollywood Ed Asner.

L’amore è al centro del tuo ultimo cortometraggio, cosa ti ha spinto a raccontarlo?

«Avevo la necessita di rappresentare un amore folle, insano, eccessivo, ossessivo, quello di una persona che empatizza con un’altra a tal punto da sprofondare dentro di lei, da viverne i tormenti e da volersene prendere carico e, in un certo senso, salvarla da se stessa, dai suoi tormenti. È un amore non convenzionale, in un mondo in cui siamo tutti presi da noi stessi e dagli interessi che abbiamo intorno a noi, ma che può invece essere la chiave per scardinare questo modello di società e rimettere al centro l’amore e l’amore per l’altro. Amare è prima di tutto “sentire” per l’altro e volere il suo bene».

Sentimento rappresentato anche nel precedente lavoro…

«Anche se le storie e i percorsi narrativi sono nettamente differenti, c’è però un forte nesso con “Like a Butterfly”, appunto rappresentato dall’amore. Si parlava di un affetto fortissimo tra un giovane allo sbaraglio, convinto che la vita sia solo ricerca di successo, e una vecchia star di Hollywood, che invece gli fa capire cosa conta davvero nella vita: l’amore. Come recita Ed Asner nel film “non sono alla fine i premi a contare nella vita, ma le persone. Alcuni migliori, altre un po’ meno, ma comunque persone, con i loro dolori, i loro amori, i loro desideri, e le loro difficoltà, ma comunque persone”».

Un tema che in questo lockdown si fa sempre più forte

«Certamente, credo che la distanza e l’incomunicabilità interpersonale si sia accentuata, e che siamo sempre più connessi solo attraverso i social network e i cellulari, ma in realtà sempre più distante dagli altri, e da noi stessi. Siamo convinti che la via per la felicità sia quella di costruire un’immagine perfetta di noi stessi, che poi però si rivela invece distorta e dà vita a tutta una serie di problematiche, una su tutte il dialogo con l’altro, e la difficoltà nel vederne la realtà e la specificità. Tutto è un po’ appiattito, e anche se ci sembra di entrare ovunque, siamo in realtà sempre fuori, forse anche coscientemente, fermandoci ad un’immagine e ad una piacevolezza esteriore, senza volontà né capacità di andare oltre, di aprirci agli altri e, soprattutto, di capirli. Gli altri sono fondamentali, senza di loro non saremmo noi stessi. Il dialogo è un momento fondamentale, sia nella vita che nell’amore, che nel lavoro e nel cinema».

Per realizzare il tuo ultimo lavoro hai scelto un team di pluripremiati professionistiquanto conta sul prodotto finale?

«Tantissimo, e non ti nascondo che per me il cinema, e l’autorialità, sono assolutamente connesse con il team con cui il film, breve o lungo che sia, viene realizzato. E in INSANE LOVE sono stato onorato di poter lavorare con dei grandi professionisti, con alcuni di loro avevo un rapporto di amicizia e stima già da tempo, come il direttore della fotografia Vladan Radovic – premio David di Donatello per “Anime Nere” di Francesco Munzi, e quest’anno nominato sempre al David per il Traditore di Marco Bellocchio -, con la coreografa Anna Cuocolo – premio Positano per l’Arte della Danza -, il compositore Paolo Vivaldi – che ha composto le musiche di “Non Essere Cattivo”, la italian entry agli Oscar nel 2016 -, e con il montatore Massimo Quaglia – Nastro d’Argento per “La migliore offerta” di Giuseppe Tornatore. Grandi premi, ma grandi professionisti e grandi anime che hanno fatto sì che “Insane Love” fosse esattamente come volevo».

E poi c’è la danza, come hai avuto l’intuizione del connubio con il Cinema?

«Beh, in un certo senso credo che il cinema, quello vero, sia in se’ una danza. La danza della macchina da presa che si muove nella scena, quella degli attori che si relazionano con se stessi e con gli altri, e quella dell’emozioni che fa suo lo schermo e, si spera, arrivi dritto al cuore dello spettatore. La danza, come arte in se’, mi ha invece affascinato da sempre, con la sua turbolenza, la sua passionalità, la sua forza prorompente e la sua eleganza… anche se in questo caso la danza non è tanto un mezzo, quanto un fine, in realtà l’essenza stessa della storia e di quello che mi ha spinto a raccontarla. E, grazie all’incontro con la coreografa Anna Cuocolo, una meravigliosa artista, ho potuto raccontarla esattamente come volevo, anzi, forse molto meglio. Anna è entrata nell’anima dei due danzatori – per l’occasione Clara Alonso danza infatti, da attrice, con Davide Dato, étoile e primo ballerino del Balletto Opera di Vienna, star italiana della danza internazionale – facendo sì che riuscissero ad entrare in contatto con le loro emozioni più profonde, e che potessero metterle in scena, unendo la danza alla narrazione e alla regia. C’è un momento in cui la protagonista Clara Alonso si abbandona ai suoi tormenti, e abbraccia Davide Dato senza filtri, e ogni volta che vedo quella scena, e quel frame in particolare, ritrovo il senso profondo di questo piccolo film al quale tengo tantissimo».

La protagonista Clara Alonso è un volto della serie Diseny “Violetta”. Come l’hai scelta?

«Con Clara è stato un amore a prima vista professionalmente parlando. L’ho incontrata in un momento molto turbolento della mia vita, in un festival cinematografico estivo molto bello, e ho subito visto in lei qualcosa che mi ha toccato. La sua umanità, una grande profondità d’animo, e uno sguardo intensissimo, unico… Ma è solo alcuni mesi dopo, a ridosso del periodo natalizio, che, ultimando la sceneggiatura, ho capito che sarebbe stata lei la protagonista perfetta, proprio perché è una persona incantevole e un’attrice straordinaria, che ha saputo gestire un personaggio molto complesso, in una storie molto complessa, turbolente e sofferta, e l’ha messo in scena con tutta se stessa, senza schermi e senza filtri. E guardare i suoi occhi in alcune scene mi stupisce per quanto l’abbia fatto esattamente come immaginavo in fase di scrittura. Un incontro davvero magico. Curiosità è che poi quel festival dove si siamo conosciuti, il Social World di Vico Equense, è diretto da Giuseppe Alessio Nuzzo, che ha prodotto il lavoro per Paradise Pictures con Rai Cinema. Direi che la magia di Vico Equense ci ha stregato un pò a tutti».

Ed ora a cosa stai lavorando? Sei pronto per l’opera prima?

«Prontissimo! In questo periodo ho scritto molto, soprattutto per via del lockdown. Tra i vari progetti ho una serie internazionale che mi piacerebbe moltissimo proporre a Netflix, e due film scritti in inglese che raccontano storie di rapporti forti e turbolenti. su tutti però, c’è un progetto, che ho scritto e dedicato ad una persona speciale, dal titolo “E poi chissà”, che ho pronto fuori dal cassetto: un film on the road sull’incontro scontro tra due anime in cerca di risposte. Ho già con me una grande attrice – non posso dire ancora nulla però – e sono attualmente alla ricerca del produttore giusto, spero di realizzarlo presto».