Il lungo periodo di lockdown e conseguenti restrizioni per una gran parte di attività abitualmente svolte in pubblico ha colpito in modo particolare i lavoratori dello spettacolo. Gli artisti che non solo “ci fanno divertire”, come qualcuno ha detto, ma che ci arricchiscono da un punto di vista emozionale: l’arte è cultura e ricchezza innanzitutto, non solo distrazione. Spesso, poi, gli artisti – grazie a una sensibilità generalmente superiore alla media – riescono a essere di aiuto, in momenti critici come quello che stiamo vivendo, non soltanto in chiave consolatoria, ma anche nei fatti. Tra tanti progetti, un esempio in questo senso viene dal recente video musicale a sostegno della Croce Rossa Italiana, realizzato in collaborazione con 20 artisti italiani e internazionali. Italiana e internazionale si può ben definire una di loro, ovvero Letizia Gambi: cantautrice e interprete jazz, nata a Napoli che vive in America e che vanta collaborazioni con nomi del calibro di Lenny White, Gato Barbieri, Chick Corea, Ron Carter, Patrice Rushen e Gil Goldstein ; da nove anni membro della Recording Academy con diritto di voto per i Grammy Awards, ha passato il periodo di lockdown a Miami, dove si trova tuttora. L’abbiamo contattata per farle alcune domande.
Letizia, stavi lavorando da 2 anni al tuo terzo album, che doveva uscire entro fine anno… e adesso?
Sono in stallo. Molti pezzi sono stati lasciati a metà, abbiamo dovuto giocoforza sospendere tutto.Questo periodo ai limiti della distopia mi ha cambiata un po’ dentro, non so se la musica che volevo pubblicare prima sarà la stessa che vorrò pubblicare quando finirà tutto. Anche perché chissà come ne uscirà il mondo, alla fine.
Che reazione hai avuto al lockdown quasi improvviso?
Sono passata da giorni pienissimi, organizzando le session in studio, la pre-produzione del disco , i brani nuovi, i viaggi, le prove con 5 band diverse per i concerti che avrei dovuto tenere… al nulla! Al vuoto assoluto. Reagisco abbastanza bene agli imprevisti, riesco a mantenere equilibrio e senso pratico. Però c’è dell’amarezza, perché ciò a cui ho lavorato per anni è stato congelato nel momento più importante.
Come hai vissuto il lockdown a Miami e come lo stai vivendo in questo momento?
Oltre a comporre e scrivere i miei brani, ho cercato di portare avanti due progetti a cui tengo molto, ovvero la scrittura di un musical e di un libro. Insomma continuo a fare musica, ma il problema è che la situazione ansiogena mi ha come bloccata: ho smesso di fare esercizi vocali per 2 mesi, non riuscivo a cantare. È un guaio perché non esercitarsi con la voce è come non allenarsi per correre la maratona: ripartire richiede un lungo allenamento, e devo tornare in forma per i concerti, quando ci saranno.
Giusto cercare di essere ottimisti e pensare al ritorno ai concerti. Cosa ti aspetti per il 2021?
Innanzitutto che si esca veramente da questa situazione: mi auguro che il sistema dello spettacolo, facendo tesoro di quanto successo, sviluppi ipotesi e soluzioni per non ritrovarsi, un domani, in un disastro analogo a questo. I musicisti sono stati una categoria particolarmente colpita, ma soprattutto una di quelle per cui il ritorno alla normalità appare più complicato.A livello personale spero innanzitutto nell’uscita della mia musica. Ho un paio di festival in sospeso in Europa per l’autunno, sperando vada tutto bene. Nel 2021 dovrei essere all’Ambasciata Italiana a Washington DC, a Los Angeles, a New York e Boston, oltre che in tour mondiale con il pianista e compositore Fahir Atakoglu: la mia manager sta mettendo insieme le date che stanno arrivando nonostante la situazione sia instabile e precaria. Una cosa certa è che in questo periodo più che mai ho sentito, forte, il legame con il mio Paese, che da sempre mi accompagna nella vita e contamina la mia musica, ma che forse come artista ho un po’ “trascurato” in precedenza. Ecco, quando tutto si stabilizzerà, mi piacerebbe poter organizzare per bene una serie di concerti anche in Italia.