La diretta di CulturaIdentità: Giampaolo Rossi

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Ospite della diretta Facebook di CulturaIdentità Giampaolo Rossi, Consigliere di Amministrazione della Rai.

La Rai è la memoria viva del nostro Paese: dal 900 ai giorni nostri ha rappresentato i cambiamenti dell’Italia dal Dopoguerra a oggi. Pochi lo sanno, ma la Rai è anche il attrezzato servizio pubblico europeo; del resto, proprio sulle pagine di CulturaIdentità Giampaolo Rossi aveva definito la Rai la vera media company del Paese. Quando parliamo di Rai pensiamo alle polemiche relative al canone, ma sono polemiche spicciole: l’opinione pubblica non lo sa, ma in realtà noi paghiamo il canone più basso a livello europeo, dei 90 euro del canone solo 74 vanno all’azienda, mentre il resto è destinato ad altre istituzioni culturali del Paese, come il Santa Cecilia perchè il canone aiuta le istituzioni culturali del paese

La Rai è una complessa azienda che attraverso tv generaliste, specializzate, radio e nuovi sviluppi come RaiPlay lavora tantissimo sul prodotto e sul rispetto del pluralismo, facendo un servizio pubblico a tutti gli effetti.

Pluralismo che però non sempre si riesce a coprre al 100%, vedi Fazio, che fornisce la narrazione di una piccola elite che non rappresenta l’insieme delle visioni del mondo del Paese: un vero servizio pubblico dovrbbe allora rappresentare anche quelle sensibilità culturali d’Italia che Fazio non riesce a rappresentare. Il suo è un bel programma, ma è condizionato da questa schizofrenia ideologica che impedisce ai suoi autori di vedere che l’Italia non è solo quella di Saviano e di Cottarelli: ci sono uomini e donne che magari non vanno in vacanza a Capalbio e che hanno il diritto di essere rappresentati anch’essi nella narrazione culturale dell’Italia. Il pluralismo non è limitare le forme espressive,

La Rai delle origini spiegava, intratteneva e stupiva: ricorda noi reclusi in casa ai tempi del coronavirus. Questa immagine genera un’idea di comunità e questo dovrebbe essere la Rai: occorre rilanciare la cultura del nostro Paese. Pensiamo, ad esempio, alle sceneggiato del ’64 dei Promessi Sposi, con grandi attori come Nino Castelnuovo, che venivano dal teatro: uno spettacolo straordinario perfettamente fedele al testo del Manzoni.

La Rai continuare a costruire questi strumenti dell’immaginario, che oggi si realizzano su una pluralità di mezzi e piattaforme e con una diversificazione di fruizione: rispetto ai primi giorni delle trasmissioni Rai, oggi assistiamo a un loro uso più individuale, addirittura in mobilità, cosa impensabile 50 anni fa, quando guardavamo la tv sul divano.

Quella rai raccontava l’Italia migliore e c’è sempre più urgenza di raccontare l’identita del nostro Paese, cosa che fatichiamo a fare. Eppure la nostra storia è ricca di episodi straordinari come l’Impresa dei Mille: se Garibladi fosse stato americano, Hollywood ne avrebbe fatto un’epopea, noi invece niente. E quando raccontiamo la battaglia di El Alamein la trasformiamo in un’impresa pacifista, mentre gli USA con Fort Alamo hanno fatto un epopea forse perchè per la visione mainstream la parola “patria” è una parolaccia. Del resto, la memoria nazionale (e il concetto di nazione) è stata identificato con una ideologia anzichè a un concetto di comune appartenenza.

Fake news: da quando se ne parla? Il dibattito scoppia il giorno dopo la vittoria di Trump, che diventa Presidente dopo aver sconfitto il sistema mainstream: non si era mai visto che tutti i media si coalizzassero per combattere il nemico antisistema, ma lui ha vinto: ha vinto battendo il mainstream, più che la Clinton, usando molto i social media e poco i soldi. La sua vittoria ha spiazzato il sistema, che si è spaventato e ha inventato la manipolazione dell informazione, cioè le famigerate fake news: peccato che le principali fake news le avesse prodotte proprio il sistema maninstream, vedi le fake sulle armi chimiche di Saddam e la guerra di aggressione in Siria spacciata come guerra civile.

Il paradosso è che, più aumentano gli strumenti di comunicazione e più aumenta la volontà di limitare la libertà di espressione, vedi la commissione sulle fake news del governo Conte-Casalino: controllare la parola per controllare il pensiero. Al netto del fatto che, dove esiste una menzogna bisogna segnalarlo, il rischio di queste task force di controllo delle notizie è che vogliono dirti cosa è giusto e cosa è sbagliato, ma nel tempo della società delle informazione il pluralismo è l’aumento delle voci contrastanti, non il loro spegnimento.

Siamo un bel popolo: nei momenti di crisi l’italiano mostra uno spirito che altri non hanno. Di fronte all’emergenza abbiamo un autocontrollo superiore agli altri, forse per una atavica mamoria che ci portiamo appresso dai secoli: nei momenti drammatici l’italiano dà il meglio di sè, grazie a questo elemento mediterraneo, romano e cattolico dell’autoronia.

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