Un lembo di terra divenuto crocevia delle sofferenze che hanno attraversato Ottocento e Novecento. Fiume città di passione: la definizione coniata da Gabriele d’Annunzio esprime a tutto tondo la dimensione irrevocabile di una terra destinata a essere contesa.
E per questo motivo Raul Pupo, storico dell’università di Trieste, l’ha presa in prestito per titolare il suo ultimo saggio (Fiume città di passione, Laterza, terza edizione, 4 ottobre 2018, 338 pagine, 13,99 Euro ).
Un modo per celebrare i cento anni dall’Impresa; ma anche per fare il punto su quel fazzoletto di Adriatico divenuto snodo di tante – troppe – tensioni. Perché oltre la marcia di Ronchi, la Carta del Carnaro e il tragico Natale di sangue esiste necessariamente un prima perso nel tempo che in molti non conoscono. Le fonti del XVI secolo parlano di un luogo dove «i cittadini si amministrano da soli, applicando gli statuti che essi stessi si sono dati».
Fiume città fiera, multiculturale e autonoma nello spirito. Il porto della Mitteleuropa. Anche per questo, nel 1779, l’imperatrice Maria Teresa d’Ungheria stabilisce che quella terra ad alta vocazione commerciale debba essere considerata «un corpo separato» delle sacra corona di re santo Stefano I e non un possedimento annesso.
«Per il suo ruolo di cerniera – spiega Pupo – la regione ha avuto il dubbio privilegio di sperimentare in stretta sequenza tutti e tre i regimi totalitari novecenteschi: il fascismo italiano, il nazismo tedesco e il comunismo jugoslavo».
Se c’è del tragico in Fiume, l’iniziativa del Vate l’ha tuttavia riscattata rendendola «uno dei possibili altrove delle inquietudini novecentesche».
Ecco la lezione di Raoul Pupo: «Quando per una manciata di mesi il sogno di un poeta è divenuto fatto politico e quasi stato, l’impresa dannunziana le ha guadagnato un posto d’onore sotto i riflettori dell’intero Occidente».
Un fatto che le generazioni future avrebbero invidiato e rimpianto: «I protagonisti delle tumultuose avanguardie degli anni Sessanta e Settanta – scrive – sarebbero impazziti di gioia a vivere quei momenti sulle rive del Quarnaro».