“Bulli e pupe”, l’educazione sentimentale di un’Italia che ce l’ha fatta

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"Bulli e pupe" di Steve Della Casa e Chiara Ronchini, fra scene di film d'epoca e interviste inedite racconta l'Italia che ce l'ha fatta

Vista la terribile situazione socioeconomica del nostro paese, può venire naturale provare nostalgia per quegli anni ’50 in cui, dopo essere uscita dagli orrori della guerra, l’Italia vide un grande periodo di crescita e benessere, pur con i suoi alti e bassi. A raccontare quel periodo in questi giorni è il documentario Bulli e pupe. Storia sentimentale degli anni cinquanta, diretto da Steve Della Casa e Chiara Ronchini e già uscito l’anno scorso al Torino Film Festival.

Il film ripercorre i maggiori fenomeni sociali dell’epoca, dallo spopolamento delle campagne alle migrazioni dal sud al nord, dal clima di tensione della Guerra Fredda alle nuove tendenze giovanili che fecero da preludio al ’68. E lo fa attraverso un montaggio di scene tratte da film dell’epoca alternate a interviste inedite conservate all’Istituto Luce di Cinecittà. Su quest’ultimo punto colpisce il fatto che i due registi hanno scelto anche le testimonianze di scrittori e filosofi dell’epoca con idee politiche totalmente diverse tra loro: da Pasolini a Prezzolini, da Piovene a Nievo, su come vedevano la situazione dell’Italia.

Ma i veri protagonisti del documentario sono i giovani dell’epoca: attraverso varie interviste d’archivio agli adolescenti degli anni ’50 emergono le speranze e le inquietudini di una generazione che voleva risollevarsi dalla miseria in cui le loro famiglie versavano ancora dopo la guerra, e non si identificava più nei valori dei loro genitori, tanto che 10-15 anni prima dei moti del 1968 alcuni esperti avevano già intravisto la frattura generazionale che si andava a creare. Da questo punto di vista il film sembra rivolgersi soprattutto ai giovani di oggi, per mostrar loro che anche allora i giovani vivevano nella miseria, ma cercarono di risollevarsi.

Questo documentario può essere considerato un prequel del precedente diretto da Della Casa, tra i più importanti critici cinematografici in Italia, e dalla Ronchini: Nessuno ci può giudicare, che parlava soprattutto degli anni ’60 dalla stessa prospettiva.

Il film ci restituisce l’immagine di un’Italia che, pur versando in condizioni tragiche, non ha smesso di sperare in un futuro migliore, il che dovrebbe essere un monito per gli italiani di oggi.