“Con Luciano abbiamo identificato nei calciatori gli ultimi divi della nostra società, in senso pagano quasi degli Dei, non più semplici figurine Panini ma veri e propri santini a cui le masse fanno riferimento, in cui le masse si identificano, ripongono sogni, perfino speranze… sono perfetti, sono bellissimi, sono amati, sono strapagati, idolatrati, ma in senso faustiano, tutti hanno dovuto pagare un tributo ad un’entità luciferina che il pubblico scoprirà solo alla fine, dopo averli visti finalmente messi a nudo, smascherati, indifesi, riportati ai loro giusti limiti“.
C’è la penna brillante del regista e autore Giovanni Franci, già noto alla critica teatrale per aver messo in scena all’OFF OFF Theatre di Roma “L’effetto che fa” ancora il caso Varani, a supportare la drammaturgia scomposta del teatro-non teatro itinerante di Luciano Melchionna che torna al Piccolo Eliseo nella Capitale con Spoglia-Toy, opera dialogica ed interattiva tra attore e spettatore a cui il drammaturgo di Latina aveva abituato il pubblico con “Dignità autonome di prostituzione” (format nato da una sua idea e di Betta Cianchini).
Fino al 26 maggio, lo spettacolo sold out in cui Melchionna invita il pubblico a parlare attraverso i sensi con un solo personaggio alla volta, come in una sceneggiatura più simile a quella di un film che ad una pièce teatrale corale, è un circo emotivo in cui i protagonisti mettono a nudo, tra sudore e lacrime, sentimenti ed emozioni con undici monologhi (impossibile ascoltarli tutti nella stessa serata) ed il prologo entusiasmante dell’allenatore di una squadra di calcio, Gennaro Di Colandrea, che da Mister scalda gli animi dei ragazzi prima della partita.
Quelle mezze verità non dette e nascoste dai rigori machisti, muscoli e docce che celano Eros e Pathos. Armadietti sporchi che custodiscono segreti da lavare con il bagnoschiuma delle coscienze, per purificarsi da ciò che si è. Ma senza dirlo.
Nel Vangelo secondo Melchionna, tra paranoia etica apprezzata dai moralisti benpensanti e istinto bestiale, “Spoglia-Toy“, prodotto da Ente Teatro Cronaca Vesuvio con la scenografia di Chiara Carnevale, vede impegnati nella dura prova attoriale, per alcuni molto riuscita, Lorenzo Balducci, Orazio Caputo, Mauro F. Cardinali, Emanuele Gabrieli, Sebastiano Gavasso, Pierre Jacquemin, Gianluca Merolli, Fabrizio Nevola, Roberto Oliveri, Marcello Paesano e Agostino Pannone, mentre l’appassionante epilogo è affidato alla presenza femminile di Adelaide Di Bitonto che, ermetica divinità pop mascherata, è “l’arbiter elegantiae” (in)consapevole nella luminosa “darkroom” dell’Ego e della vanità. Il suo nome è “SS”. “Che significa Società Sportiva. Che significa Società Stessa. Che significa Santissima. Che significa Esse Esse”. Va da sé la riflessione sull’omosessualità che si traveste con le divise dorate dello sport tra gli applausi e i cori da stadio.
Le musiche di Riccardo Regoli e le installazioni fotografiche di Mario Pellegrino accompagnano nel viaggio in chiaroscuro di Melchionna dove l’ostentata virilità dell’atleta prevale sulla fragilità dell’uomo conservata in quell’intimità di cui non si può parlare.
“Ho sempre avuto paura, sin da piccolo io sparivo lentamente da me, non mi trovavo più, e mi prendeva il panico-ha dichiarato Melchionna- poi però, per fortuna, riapparivo all’improvviso: con un pallone in mano“.
Non ci saranno però i tempi supplementari nella partita con la vita. Quella si gioca qui ed ora anestetizzati dalla fede nel Dio Calcio che, in una profana religione monoteista e per qualche attimo di gloria, regala leggerezza e rende liberi da se stessi e da storie fatte di carne e rabbia.