SanteVisioni. Ninfa, il Giardino più bello del mondo

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SanteVisioni: Ninfa, il Giardino più bello del mondo

Nel comune di Cisterna di Latina c’è un giardino unico e particolare, che ospita piante provenienti da ogni parte del mondo e che si trova all’interno della cinta muraria di una città medievale: la città di Ninfa.

Si chiama Ninfa, come anche il fiume che l’attraversa, perché c’era un tempio dedicato alle ninfe, quelle fanciulle belle ed eternamente giovani, figure divine e semidivine che spesso venivano associate agli elementi naturali.

In questo caso erano le NAIADI – le protettrici delle acque sorgive- perché in questo posto impervio sgorgavano acque pulite, fresche e potabili.

Si riteneva che questi luoghi andassero protetti, così come doveva essere protetto il destino di chi ci si avventurava e per questo si innalzavano templi dedicati alle ninfe, per poterle venerare.

I primi cenni storici della città di Ninfa si hanno dall’ VIII secolo d.C., quando l’imperatore Copronimo V di Bisanzio dona a papa Zaccaria queste terre, nelle quali era compreso questo piccolo borgo agricolo, formatosi in prossimità del fiume e in una posizione molto strategica: è ai piedi della via pedemontana -la via alla base dei monti-, che all’epoca restava l’unica via percorribile da Roma verso Napoli e viceversa quando sempre più spesso la via Appia –via principale- era invasa dalle paludi –l’agro pontino, infatti, è stata una zona paludosa, bonificata nei primi anni del 1900-.

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Gli abitanti decidono di imporre un pedaggio alle merci e al bestiame e grazie a questo presto si trasforma in un fiorente e prosperoso borgo economico, che molte famiglie nobili dell’epoca volevano possedere, compresi i Caetani.

La famiglia Caetani entra nella storia di Ninfa nel 1297/1298, quando Pietro Caetani acquista la città favorito dall’appoggio di un suo importantissimo zio: Benedetto Caetani, conosciuto come papa Bonifacio VIII.

Con Pietro la città di Ninfa vive un momento di grande prosperità economica e anche di grande ampliamento. Però, sotto gli stessi Caetani, vede anche la sua fine: la famiglia si divide al suo interno in una lotta tra chi sosteneva il Papa di Roma Urbano VI e chi l’antipapa di Avignone Clemente VII, che conferisce ad Onorato I Caetani la carica di rettore della zona.

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Papa Urbano VI scomunica e priva di tutti i diritti Onorato, provocando una lotta che sfocia nel 1380 con l’assedio di Ninfa che viene incendiata, saccheggiata e distrutta quasi completamente. Dal 1381 la città inizia a spopolarsi, ormai invasa dalla palude e dalla malaria.

Ninfa si addormenta completamente per cinque secoli.

Nei primi anni del 1900 Ninfa è ancora di proprietà dei Caetani e sono tre donne appartenenti a tre generazioni della famiglia a farne un giardino.

La prima importante donna è Ada, che già sul finire del 1800 si accorge che c’è qualcosa di particolare a Ninfa: non solo le antiche rovine medievali ma, grazie all’acqua del fiume, piante e fiori crescono ovunque.

Nel 1920 decide di farne un giardino, insieme a suo figlio Gelasio Caetani, che nel frattempo è diventato un ingegnere: iniziano a ripulire il sito, restaurano i ruderi e mettono a dimora i primi grandi alberi -noce americano, faggi, lecci, pini, cipressi-. Proseguono l’opera Roffredo Caetani, figlio di Ada e fratello di Gelasio, e sua moglie Marguerite, la seconda importante donna del giardino di Ninfa.

La terza e più importante donna è Lelia Caetani, la figlia di Marguerite e Roffredo, che riceve il giardino quasi a 40 anni, come regalo di matrimonio.

Lelia è un’artista e porta i colori delle sue tele nel giardino, rendendolo come lo vediamo oggi: un tipico giardino paesaggistico inglese e particolarmente romantico

Lelia muore nel 1977 senza lasciare eredi e con lei questo ramo dei Caetani si estingue dopo oltre 700 anni di storia.

Proprio per questo istituisce prima di morire la Fondazione Roffredo Caetani, dedicata al padre, che ancora oggi gestisce e conserva il giardino.

Il giardino è attraversato dal fiume Ninfa ed il lago si è formato quando Pietro fece innalzare dei muri per contenere le acque sorgive.

L’acqua insieme ad altri elementi, contribuisce a creare il particolare microclima di cui questo giardino gode, definito una serra a cielo aperto.

Il terreno è molto fertile e il monte Mirteto lo protegge dai venti freddi che vengono dal nord ed il mare, a circa venti km in linea d’aria, mitiga ulteriormente la temperatura. L’acqua svolge anche l’importantissima funzione di regolatore termico, generando quasi il 90% di umidità.

Grazie a questo microclima a Ninfa avvengono due fenomeni particolari: il primo è che tutti gli alberi da fusto, che hanno circa 100 anni, sembrano averne non meno di 300 perché le piante crescono tre volte di più che all’esterno e questo è stato definito il “fattore tre di Ninfa”; il secondo è che coabitano piante che appartengono a fasce climatiche completamente diverse.

Oltre 1300 piante che rendono il giardino diverso in ogni stagione, in base alle fioriture: le betulle siberiane, gli aceri coreani, i ciliegi ornamentali giapponesi, le magnolie orientali, i lecci mediterranei, i Cedrus Atlantica del Marocco, i papiri, il noce americano ed il pino dell’Himalaya.

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I giardinieri di Ninfa non utilizzano prodotti chimici e pesticidi, ma solo il verderame, preferendo la lotta biologica: le coccinelle si nutrono di afidi, che sono gli insetti che mangiano le piante, e tutto quello che il giardino lascia rimane al terreno e alla fauna.

Nel fiume ci sono le trote macrostigma, che sono un importante indicatore biologico della purezza delle acque.  

La città era racchiusa in una cinta muraria che si estendeva per circa otto ettari, entro la quale oggi è racchiuso il giardino.

La cinta muraria era intervallata da sei porte di entrata e molte torri di avvistamento, di cui undici sono ancora in piedi.

C’erano scuole e anche due luoghi di ricovero -di cui non è rimasta traccia-, tredici mulini, i cui resti sono sul fiume, c’erano 200 abitazioni che affacciavano sul viale del ponte romano, la via principale della città -se la si percorre fino in fondo si arriva ai resti di un ponte di epoca romana.

La caratteristica fondamentale di questo giardino è che le piante si esprimono liberamente in un “disordine controllato”: un cipresso è stato completamente colonizzato da una rosa, un altro dal falso gelsomino, una rosa  si arrampica sul muro e avvolge l’erythrina crista galli, un albero sudamericano –si chiama così perché a luglio fa fiori rossi e carnosi che sembrano la cresta di un gallo – che a sua volta si adagia sull’ultimo arco rimasto in piedi del porticato della chiesa più importante di Ninfa, la chiesa di Santa Maria Maggiore.

A Ninfa c’erano quattordici chiese di cui sette fuori le mura, per gli abitanti delle campagne.

La costruzione della chiesa di Santa Maria Maggiore risale al X secolo d.c e dato che era molto grande ha visto un evento fastoso: il 20 settembre del 1159 è stato incoronato papa Alessandro III, eletto a seguito di un conclave molto particolare perché non si raggiunse l’unanimità, che all’epoca era necessaria.

Furono quindi eletti due papi: Alessandro III con più voti e Vittore IV –l’antipapa- con meno voti ma sostenuto dall’imperatore Federico Barbarossa. Grazie a questo appoggio Vittore IV costringe Alessandro III a fuggire da Roma, prima di essere incoronato. Ecco perché chiede ospitalità alla città di Ninfa – territorio che apparteneva allo Stato Pontificio anche se era dominato dai conti di Tuscolo-.

Il papa, per l’ospitalità ricevuta, permise agli abitanti di Ninfa di chiamare alcune chiese con i nomi delle basiliche di Roma. Ecco perché a Ninfa c’erano le chiese di Santa Maria Maggiore, di San Giovanni – di cui sono visibili i resti del campanile, dell’abside e la facciata- e altre che non esistono più.

Santa Maria Maggiore era molto affrescata e molti degli affreschi sono conservati al castello Caetani, nella vicina Sermoneta.

Solo due affreschi sono rimasti nell’abside: quello di sinistra rappresenta papa Urbano V nell’atto di mostrare le reliquie di san Pietro e Paolo – cioè due teste su due piatti-, quello di destra rappresenta probabilmente San Tommaso d’Aquino, perché il colore della veste è quello dell’ordine al quale San Tommaso apparteneva.

Costeggiando la cinta muraria si arriva al ponte delle due luci -con due arcate- che era un ingresso via acqua della città e dove sono visibili i resti della dogana. Il fiume divideva in due la città come divide oggi il giardino.  

La piazza politica di Ninfa ospitava gli edifici istituzionali: la rocca baronale, ossia il castello con la torre che Pietro Caetani portò da sedici metri a trentadue metri -come simbolo di forza e potenza della famiglia-, ed il municipio.

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Nel 1920 Gelasio Caetani ha restaurato sia la rocca, aggiungendo bifore e merlature, sia il municipio come residenza estiva della famiglia.

Sulla parete c’è lo stemma della famiglia Caetani, diviso in 4 parti e con due emblemi: le onde, emblema originario dei Caetani, perché vengono da Gaeta –città di Mare- e l’aquila, presa nel 1299, quando il figlio di Pietro Caetani ha sposato Giovanna dell’Aquila.  Questo stemma è rimasto per sempre.

Nel 2000 il Giardino di Ninfa è stato dichiarato monumento naturale della Repubblica Italiana ed è considerato uno dei giardini più belli al mondo. 

Ecco Ninfa, ecco le favolose rovine di una città che con le sue mura, torri, chiese, conventi e abitati giace mezzo sommersa nella palude, sepolta sotto l’edera foltissima. In verità questa località è più graziosa della stessa Pompei, le cui case s’innalzano rigide come mummie tratte fuori dalle ceneri vulcaniche.”

Ferdinand Gregorovius, Passeggiate romane