“Dopo tre dischi acustici ho deciso di rinnovarmi. Il concetto di cantautrice, inteso nel senso più classico del termine, cominciava a starmi stretto. Avevo voglia di divertirmi, di leggerezza, di immediatezza”. E’ così che Valeria Vaglio ha aperto il suo cantautorato alla musica elettronica. Mia è il frutto di questo cambio di rotta, un album nato in pochi mesi dall’esigenza di raccontare la rabbia che l’artista aveva dentro di sé. “La rabbia è la prima cosa che affiora dopo aver subito un torto. A volte accade di riporre le fragilità in mani sbagliate, non necessariamente cattive, ma spesso incapaci di gestire tutte le sfumature emotive”.
Anticipato dal singolo Mi faccio un regalo, questo disco arriva cinque anni dopo Il mio vizio migliore. “Nel frattempo – racconta la cantautrice – mi sono laureata in video design, ho trovato nuovi stimoli creativi, ho ascoltato musica lontanissima dal mio mondo sonoro, ho acquisito una consapevolezza di me che solo con il silenzio avrei potuto raggiungere. E poi ho scritto, continuamente, ma non solo canzoni”.
Nata a Bari, Valeria definisce il suo rapporto con la Puglia e in particolare con la sua città, conflittuale: “Ho sempre trovato la mia terra bellissima, pregna di tradizioni e di simboli importanti, così come ho sempre considerato le radici fondamentali. Mi sono scontrata spesso con una realtà che penalizza gli artisti, almeno quelli di non acclarata fama, costringendoli a cercare accoglienza altrove. E questo mi è sempre pesato molto”.
Tutto è iniziato a otto anni con lo studio del pianoforte. Poi si è dedicata alla chitarra, al canto e alla composizione dei primi brani. Più tardi sono arrivati il Cet di Mogol e il festival di Sanremo, a cui ha partecipato nel 2008 nella categoria giovani con Ore ed Ore: “Sono state entrambe esperienze meravigliose, di confronto, di contatto, di ricchezza interiore. Le consiglierei a qualsiasi artista. Anche a quelli più snob”.
Ricorda con grande piacere anche la collaborazione con Bungaro, con cui ha scritto a quattro mani Nonostante le assenze: “Tony è una persona meravigliosa. Lui riesce a trasformare le parole in magia, a vedere la bellezza dove gli occhi non arrivano”. “La musica per me rappresenta un dono, una cura, una condanna” dice, infine, la songwriter pugliese. “Ora ho raggiunto una serenità creativa che non mi mette davanti ad un foglio bianco da riempire a tutti i costi, né mi costringe a salire sopra un palco se non ne ho voglia”.