Massimo Popolizio è “Un Nemico del Popolo”

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Popolizio è
ph Giuseppe Distefano

Limiti della democrazia, dittatura della maggioranza. E’ attorno a questi spinosi temi che ruota Un nemico del popolo, l’opera del 1883 del geniale drammaturgo norvegese Henrik Ibsen, riportata in scena al Teatro Argentina di Roma fino al 28 aprile da Massimo Popolizio, che ne cura la regia, co-protagonista sul palco insieme a Maria Paiato.

Dopo l’enorme successo di Ragazzi di Vitadi Pier Paolo Pasolini del 2016, Popolizio torna a mettere in scena un classico di stringente attualità, andando ad indagare temi e contraddizioni della società contemporanea: il ruolo dei media nel rapporto tra ‘popolo’ e potere, il rispetto per l’ambiente, la corruzione…

Un nemico del popolo è un’opera avvincente in cui Ibsen aveva svelato i meccanismi crudeli che guidano le società di massa, la manipolazione e il pensiero unico, capaci di lasciare solo colui che viene guidato dalla coscienza più che dall’opportunismo, dal buonsenso e dalla coerenza. In una piccola cittadina del nord la scoperta delle terme porta ricchezza e sviluppo ai suoi abitanti. I fratelli Stockmann, tra loro molto diversi, ricoprono ruoli di rilievo: Peter, il maggiore – interpretato da una strepitosa Maria Paiato – è il sindaco della cittadina; Thomas – Massimo Popolizio – è il medico delle terme e colui che meriterà l’appellativo di ‘nemico del popolo’ evocato dal titolo, per il solo fatto di voler denunciare il forte inquinamento delle acque termali, che aveva causato, già l’anno precedente, numerose malattie. Tuttavia se la notizia venisse diffusa la stazione termale dovrebbe chiudere per almeno tre anni per la sostituzione del condotto idrico e sarebbero i cittadini stessi a doversi assumere il costo dei lavori. E’ così che la comunità, e la stampa asservita al potere, si scagliano contro il medico che, a loro dire, intenderebbe sabotare un progetto irrinunciabile per il benessere economico della cittadina.

Un’opera attualissima e ancora “pericolosa” nei contenuti, come la definisce il regista stesso.

14 attori in scena su di una scenografia a pannelli mobili estremamente moderna, coadiuvata da uno schermo che a tratti trasmette alcune immagini. Atto unico di poco meno di due ore, lo spettacolo non offre spazio a distrazioni. Un po’ forzata, a tratti, la voluta interpretazione di Popolizio, troppo calcata nella sua espressività che rischia di diventare quasi caricaturale scadendo nella parodia e perdendo quindi incisività. Assolutamente da vedere.