Di fronte ai repentini cambiamenti climatici a cui stiamo assistendo, gli scienziati continuano a paventare – oltre al progressivo aumento delle temperature – carestie, incendi e inondazioni, prospettando uno scenario apocalittico per il prossimo futuro se non si interverrà per ridurre drasticamente l’emissione di gas serra.
Ben prima di costoro, in maniera quasi profetica, il conte Vincenzo Fani Ciotti (Viterbo, 27 luglio 1888 – Bressanone, 22 luglio 1927), in arte Volt, ha affrontato questi problemi pubblicando La fine del Mondo (Modernissima, 1921), un’opera di fantascienza futurista che fonde la narrativa dell’immaginario con teorie scientifiche e sociologiche. L’autore, laureato in giurisprudenza e diplomatico di professione, con all’attivo diverse pubblicazioni, morto prematuramente a trentanove anni a causa della tubercolosi, può essere considerato un pioniere della fantascienza italiana perché il romanzo in questione è il primo ad avere una trama autonoma e completa rispetto a quelle dei suoi tempi, cosa che ci permette di paragonarlo a Edgar Rice Burroughs e a Hugo Gernsback.
A quasi un secolo di distanza dalla prima pubblicazione, La fine del mondo viene dato nuovamente alle stampe (GOG, 2019, p. 208, 12,75 euro), grazie alla curatela di Gianfranco de Turris e alla buona volontà della GOG, casa editrice romana che propone opere di avanguardia di carattere politico, filosofico, sociologico, e ora anche di speculative fiction.
Per quanto riguarda la trama dell’opera, ci troviamo proiettati nel 2247 d.C., anno in cui l’Italia fa parte degli Stati Uniti d’Europa, di cui Roma è la capitale. Il Partito Comunista e la Massoneria si sono alleati ed esercitano il potere dopo aver espropriato il Vaticano. In questo quadro generale, gli scienziati prospettano la fine del mondo a causa di terremoti, maremoti ed esalazioni di gas che rendono la Terra inabitabile. Si ipotizza pertanto di colonizzare un nuovo pianeta grazie alle “aeronavi eteriche” (poderosi vascelli spaziali), e la scelta ricade su Giove in quanto si presume che per le sue caratteristiche geografiche possa accogliere la vita umana.
Questo mondo è però abitato dai Lemuri, esseri giganteschi, monocoli e mostruosi, che grazie alle loro abilità belliche inceneriscono gli uomini, ovvero li divorano. Di conseguenza, si rende necessario scatenare una guerra contro questi esseri allo scopo di debellare la loro resistenza e di conquistare il pianeta.
A un’attenta lettura si può comprendere che La fine del mondo di Volt non è un semplice romanzo di fantascienza, ma rappresenta una mordace accusa mossa all’ipocrisia borghese e un invito alla realizzazione di un nuovo sistema che abbatta l’ordine costituito grazie alla volontà delle forze rivoluzionarie, che per realizzare questo progetto arrivano a solcare con eroismo le profondità degli spazi siderali dell’universo.
A parte la balla sui cambiamenti climatici, propalata dai ciarlatani della scienza e sconfessata senza appello dagli scienziati veri, ossia seguenti metodi sperimentali scientifici e statistici per formulare ipotesi o abbandonarle quando queste si rivelano fallaci (come James Lovelock che formulò nel 1975 l’ipotesi del riscaldamento dovuto a CO2 ma poi, da scienziato vero, nel 2012 scrisse un libro per sconfessarla (“la temperatura è costante dagli anni ’90 per cui le mie ipotesi erano errate”), a parte questo, dicevo, la profezia sull’alleanza fra Comunismo (nell’involuzione mortifera del Radical Scic) e Massoneria (soprattutto il Grande Oriente che occupa i gangli dell’Ue) anche per abbattere (infettare col relativismo illuminista) il Vaticano mi pare molto vicina alla realtà.
ancora con ‘sta fine del m9ndo?
avanti un altro.
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