Ad aprile 2018 a Firenze, nelle Sale Fabiani di Palazzo Medici Riccardi,
la 7ettanta6ei Gallery di Milano ha organizzato la mostra dell’artista torinese Ciro Palumbo dal titolo “Rinascenza – la pittura, un segreto non ancora svelato”, prima tappa di un percorso di mostre, di cui una imminente a Perugia.

L’esposizione è stata curata da Riccardo Ferrucci, mentre il testo critico del catalogo dal bravissimo storico dell’arte Luca Nannipieri, il commento delle opere a cura della critica Francesca Bogliolo. La mostra è articolata in circa trenta opere, frutto di un anno di lavoro.

“L’arte e il processo alchemico – scrive la Francesca Bogliolo – sembrano svelarci lo stesso segreto: che sia necessario liberarsi di quanto superfluo per accedere al nucleo della verità, così come sosteneva Michelangelo quando suggeriva di liberare il marmo dalle eccedenze per rivelarne la forma in esso racchiusa. Entrambi ci suggeriscono la via per giungere alla meta agognata, per comprendere il significato dell’esistenza. La verità è continua costruzione di senso, che in greco antico vuol dire non nascondimento, disvelamento”.

Scrive Luca Nannipieri: “La prima reazione – forse la più epidermica, dunque non effettiva – che suscitano le opere di Palumbo è la riconoscenza e la ricapitolazione verso i due grandi movimenti che il Novecento ha imposto: il Surrealismo e la Metafisica. La realtà che surroga le leggi del visibile, per addentrarsi e testimoniare l’abisso in noi, invisibile agli occhi (il Surrealismo); e la realtà che essa stessa non si contiene nei limiti che i nostri occhi vedono, ma li travalica, al punto che l’ampiezza della veduta del nostro intelletto è assai superiore all’ampiezza della veduta dei nostri fisici occhi (Metafisica). Ma Ciro Palumbo non è un epigono di questi due grandi movimenti. Ciro Palumbo non sta lì, seppur appaia di star lì. Palumbo – e credo sia questa la sottilissima strada che si sta aprendo se le istituzioni ne fossero accorte – lavora sullo spazio pubblico. Io credo che la sua arte – seppur ad oggi su tela, dunque pensata per uno spazio interno, privato – abbia l’ambizione (e la narrazione) per diventare effige pubblica. Questa è in fondo la reazione più adeguata che sentiamo davanti alle sue opere: esse sono una ricerca artistica che si adegua benissimo allo spazio privato, ma ha tutto il fascino e la potenza di narrazione per una composizione esterna…”. La 7ettanta6ei Gallery, non a caso, è molto attenta a questo tipo di arte, la street art, quindi potrebbe aver fiutato anche questa eventualità per Ciro Palumbo.