Claudia Gerini: “Questa mitica rivalità fra noi donne…non esiste più!”

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Ha appena finito di spegnere la sua quarantottesima candelina, essendo nata il 18 dicembre 1971. Lei è Claudia Gerini. Nasce nella Città Eterna, nel quartiere di S. Giovanni, da entrambi genitori impiegati. Adolescente, vince il concorso di Miss Tenneager. Studia danza presso lo frequenta brillantemente il liceo classico ed entra a far parte di un’agenzia pubblicitaria che la ingaggia in svariati spot come Piaggio, Baci Perugina e Schwepps. Nel 1987 esordisce al cinema nel ruolo della figlia di Lino Banfi, nella commedia Roba da Ricchi. Ormai diciannovenne, Claudia si fa notare nei succinti abitini di Non è la Rai, il celebre girls-show ideato da Gianni Boncompagni. Vola a Parigi per imparare la lingua e per girare alcune produzioni francesi che la porteranno persino in Cambogia. Tornata nel paese natale, la giovane viene scritturata nello spettacolo Angelo e Beatrice, tenutosi al Teatro Colosseo di Roma. Quella sera, tra gli spettatori in platea, c’è anche Carlo Verdone (suo idolo da sempre) che, entusiasmato dal carisma della fanciulla, la dirige nel primo, vero successo: Viaggi di Nozze.
Per ricordare questa talentuosa attrice italiana vi proponiamo questa intervista cult. Redazione

 

A quando un nuovo film insieme a Carlo Verdone?

Ora Carlo ha iniziato le riprese di un suo nuovo film [Benedetta Follia, ndr]. Magari sarà il prossimo. Noi ogni volta lo diciamo sempre, e anche io vorrei farne un altro, ma solo se arriverà un’altra bellissima idea.

In tv ha fatto i primi passi con Primadonna e Non è la Rai di Gianni Boncompagni, ci racconta un suo ricordo dell’autore e regista?

Gianni era un autore dotato di grande fantasia, ironia e autoironia. Era una persona molto simpatica, vitale. Lui sembrava essere sempre avanti sui tempi, un passo avanti agli altri. Con Non è la Rai ho imparato tanto, era un programma unico e mi è servito tantissimo. Per questo, nel mio spettacolo teatrale Storie di Claudia ho messo anche un riferimento a Non è la Rai.

Nel 2004 ha lavorato con Mel Gibson ne La Passione di Cristo, un film che destò numerose polemiche all’epoca. Il regista ha confermato la lavorazione al sequel Resurrection. Se la richiamasse, accetterebbe?

Certamente. A me è piaciuto molto lavorare con Mel. È un regista molto talentuoso, che io amo enormemente. Il film è stato visto in tutto il mondo, è stato un evento, quindi mi piacerebbe collaborare ancora con lui.

Nella sua carriera ha lavorato con tanti registi italiani, da Castellitto a Garrone, a Tornatore. C’è un regista dal quale vorrebbe essere diretta, con il quale non ha ancora collaborato?

Paolo Virzì. Mi piacerebbe molto lavorare con lui, per me è un grande regista.

Nel 2013 ha preso parte con Impacciatore e Capotondi ad Amiche da morire, commedia noir al femminile diretta dalla regista Giorgia Farina. Nel panorama italiano sono ancora poche le donne alla regia, lei ha mai pensato di passare dall’altra parte della macchina da presa?

No, non mi è mai venuta questa idea. Magari in futuro potrei occuparmi di scrittura e produzione, ma la regia no, perché è un lavoro che devi sentire. È molto difficile passare così alla regia, non credo ne sarei capace.

Il suo ultimo film è John Wick 2. Come è stato lavorare al fianco di Keanu Reeves?

È stata una grande soddisfazione per me farne parte. Partecipare a un film così grosso e ricco è stato di grande ispirazione. Keanu Reves è un attore molto generoso, una persona discreta, molto umile e talentuosa. Poter lavorare con questi mostri sacri è sempre bello, perché non capita tutti i giorni. E poi, ho avuto un ruolo importante, il film ha incassato tantissimo. Ne sono molto felice.

Con Storie di Claudia è tornata a teatro con un one woman show che parla di lei ma anche di storie di donne e di lotte per i diritti civili. In quanto donna e madre, secondo lei, a che punto siamo in tema di diritti e parità?

Il quadro è molto desolante, c’è un ritorno al maschilismo, al machismo. Le mie figlie dovranno combattere ancora per ottenere i diritti fondamentali. Si sono fatti dei passi avanti, ovviamente, però c’è ancora tanta strada da fare. Dobbiamo mettercela tutta per raggiungere la parità. È di qualche tempo fa la notizia di un uomo che si è rifiutato di farsi operare perché l’anestesista era donna [è accaduto in un ospedale di Savona, ndr]: in alcuni ambiti c’è ancora tanto sessismo.

Ci racconta un episodio OFF della sua carriera?

Quando ho girato Nemiche per la pelle, con Margherita Buy si è instaurato un rapporto molto protettivo. Noi non ci conoscevamo ma mi sono trovata quasi a proteggerla, non c’è stata rivalità, ci siamo spalleggiate molto. Vorrei sfatare questa mitica rivalità tra donne: ora non esiste più.

Nonostante i tanti film, i premi vinti, lei ha dichiarato di sentirsi prima showgirl e poi attrice. È davvero cosi?

Un giornalista mi ha fatto una domanda provocatoria e io ho risposto di conseguenza. Sono orgogliosa di essere una showgirl, di saper ballare, cantare. In Dance Dance Dance [in onda su FOXLife, ndr] l’ho anche dimostrato. Amo recitare e amo il teatro, però ci tengo molto allo “show”, che sia musicale o cantato. Non penso che sia una cosa che mi sminuisca.

In Italia quando si parla di showgirl spesso si parla di gossip. E lei ultimamente è stata molto al centro del gossip. Secondo lei, questa attenzione è legata ad un pregiudizio, che vige ancora oggi, riguardo alle donne che scelgono un compagno molto più giovane?

Non mi era mai successo di avere una relazione con un uomo più giovane [Andrea Preti, ex naufrago dell’Isola dei Famosi, ndr]. La cosa che fa strano è che sui giornali si sottolinea sempre che è la donna ad avere 15, 16 anni di meno del proprio compagno. Se invece è l’uomo ad avere anche 30 anni in più rispetto alla propria compagna, nessuno dice nulla. E non è sessismo questo? Io sono una donna ancora giovane, ma ci sono uomini decrepiti che stanno con ragazzine di 18 anni e tutti zitti. A me è capitato, può succedere, una persona non sta certo con la carta d’identità in mano.

Tornando al cinema, lo scorso giugno a Roma si è tenuto un incontro organizzato dall’ANICA dal titolo Dove va il cinema italiano?. Secondo lei dove sta andando?

Nella stagione passata ci sono stati prodotti belli, quindi non mi sento di sparare a zero. È un cinema in salute, anche se si investe ancora troppo poco rispetto a quello che potremmo fare. Ci sono tante commedie, perché ovviamente è il genere più remunerativo, ma, secondo me, manca un po’ di coraggio nei produttori, che scelgono sempre le stesse cose.

Lei ha apprezzato il lavoro di Sydney Sibilia, tra i registi emergenti che hanno dato nuova linfa al cinema nostrano.

A me è piaciuto molto “Smetto quando voglio” anche se, forse, potevano fermarsi prima. Non capisco perché abbiano voluto fare anche un terzo film. Se si cerca di sfruttare un’idea fino all’ultimo, può essere pericoloso. Io gli faccio gli auguri, ovviamente, il suo è un cinema vitale, pieno di talento, ma non bisogna dimenticare che è importante cercare sempre di educare il pubblico, non solo compiacerlo.

Parliamo di Suburra, prima produzione italiana di Netflix, con Michele Placido regista (dei primi due episodi, n.d.r.). Cosa può anticiparci sulla serie e soprattutto sul suo personaggio?

Io sono Sara Monaschi, una donna che si muove all’interno del Vaticano, contabile e braccio destro di un monsignore. Interpreto una donna ambiziosa, che ama molto i soldi e il potere, che avrà a che fare anche con la politica e si dovrà sporcare le mani. È una donna che ha imparato che le relazioni sono importanti, che carpire i segreti e saperli custodire è indice di grande potere. Riguardo a Michele Placido, ci siamo sentiti tutti in buone mani: è stato lui a darmi l’imprinting giusto.

Suburra racconta gli intrighi di potere tra mafia, Stato e Chiesa. Lei che rapporto ha con la politica? In Italia nel mondo dello spettacolo si preferisce spesso non esporsi e non rivelare il proprio orientamento politico.

Da un punto di vista politico non conviene schierarsi perché ti fai tanti nemici. Quello che diciamo noi poi non viene ascoltato molto, ed è incredibile l’odio presente in Italia. Quando Alessandro Gassman ha chiuso il suo profilo Twitter [si era espresso a favore dello Ius soli, ndr], gli sono stata molto solidale perché è stato minacciato di morte. Io comunque non sono né di destra né di sinistra: la politica in Italia è malata, non la sappiamo fare e sono pochi quelli che vogliono capire i problemi delle persone. Sono molto disillusa. C’è troppo burocrazia e corruzione.

Roma sta attraversando un periodo molto difficile, tra rifiuti, incendi e siccità. Da romana che idea si è fatta della situazione?

Ho il dente avvelenato. Roma è sporca, lasciata a se stessa, non è protetta. Siamo in mezzo ai topi e all’immondizia: è tutto incolto, secco, selvaggio. Roma è un pianto. Bisognerebbe chiamare uno svedese, un tedesco, un francese per capire cosa fare per Roma. La mia, ovviamente, è una provocazione ma così, forse, si avrebbero maggiori risultati.

Tornando al suo lavoro, a parte Suburra, prossimamente dove la vedremo?

A ottobre sarò nelle sale con 9 lune e mezza, per la regia di Michela Andreozzi e Ammore e malavita dei Manetti Bros (cui è seguito, nel 2018, “A casa tutti bene”, per la regia di Gabriele Muccino – n.d.r.)

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