La vigilia dell’Immacolata Concezione, al Teatro Biondo di Palermo, è andata in prima nazionale La Tempesta, per la regia di Roberto Andò.
Il capoluogo siciliano si è ritrovato in una impensabile veste di città mitteleuropea, più golosa di applausi che di pantagrueliche cene natalizie.
L’ultimo capolavoro di Shakespeare è l’opera che maggiormente fa riflettere su quelle che sono le vanità del nostro tempo, dal potere alla ricchezza senza disdegnare l’orgoglioso compiacimento della conoscenza da parte del mago Prospero.
Grazie all’allestimento scenico di Gianni Carluccio, i costumi seicenteschi di Daniela Cernigliaro, le luci di Angelo Linzalata, insieme alle musiche originali di Franco Piersanti, il regista siciliano ambienta l’opera del bardo in un paesaggio surreale, una fantomatica stanza dall’aria retrò e decadente, dove qua e là, sparsi per la stanza, i libri di Prospero, raccontano i fasti di un tempo.
Prodotto dal Teatro Biondo, lo spettacolo è interpretato da un magistrale Renato Carpentieri nel ruolo di Prospero, Vincenzo Pirrotta è Calibano, Filippo Luna è Ariel, Giulia Andò è la figlia Miranda, Paolo Briguglia è Ferdinando, Paride Benassai nel doppio ruolo di Trinculo e Antonio, Gaetano Bruno è Stefano e Alonzo, Fabrizio Falco è Gonzalo e Iris.
L’isola del Mediterraneo in cui Shakespeare ambienta il suo straordinario congedo al Teatro, nella trasposizione di Andò, diventa una casa disastrata circondata dall’acqua, dove gli attori sguazzano nei loro stivali di gomma, tra schizzi e spruzzi e si agitano in preda ai disordini della loro anima; la tela bianca è un muro immaginario che ci costringe a essere doppiamente spettatori, interni ed esterni, che con il suo continuo risalire riproduce l’effetto purificatrice dell’acqua, divenendo metafora che racconta come l’essere umano sia destinato a convivere con le tempeste della propria anima.
“Siamo fatti della stessa materia dei sogni” dice Prospero, il sogno è la nostra realtà, è una risposta della nostra anima che, durante la notte, quando ci ritroviamo nella quasi totale immobilità fisica e mentale, può agire e manifestarsi attraverso simboli.
In questa misteriosa isola dove naufraga la nave con a bordo il re di Napoli, Alonso, il figlio Ferdinando, Sebastiano, il fratello e duca di Milano, Antonio, insieme a vari cortigiani, vivono il mago Prospero, già duca spodestato di Milano, con la figlia Miranda, lo spirito Ariel e lo schiavo/mostro Calibano.
La tempesta è provocata da un sortilegio di Prospero ed è una delle commedie più profonde dedicate al senso della vita e ai cambiamenti che le tempeste dell’esistenza ci costringono ad affrontare e che dopo un “naufragio” il disperso ritrova il filo interrotto della propria esistenza: è una favola in cui domina l’introspezione, ma con un afflato più sereno.
Roberto Andò ha portato sulla scena una piéce caratterizzata da una profonda sicilianità, gli stessi attori, da Pirrotta a Luna, senza tralasciare l’istrionica interpretazione di Benassai, sono una rappresentazione straordinaria di quella naturale predisposizione tutta isolana a vivere completamente staccati dalla realtà.