«Ho abitato in molti posti. Ho cercato una stabilità nel Nord, ma poi sono ritornato al Sud: giù. Perché tutto nasce dal basso e poi cresce».
Per Spaghetti Southern, il quarto album della sua carriera, il musicista campano Riccardo Ceres, già autore di colonne sonore per il cinema, rende omaggio alla terra delle sue origini. In dieci brani che si muovono tra blues e canzone d’autore e che attingono alla grande tradizione americana, il compositore trova un modo del tutto personale per raccontare il Sud. Quello suo e di chi ascolta.
Il Sud del basilico e dei pomodori, del mare infinito e dello stringere i denti. «E’ più facile trovare soluzioni utili per una persona che è costretta a cercarne in continuazione – commenta –, il Sud fa bene al cervello. Non sottrae mai, ma aggiunge sempre. Nel bene e nel male. Chi nasce al Sud se lo porta dentro per tutta la vita, ed anche se abitasse sulle isole Svalbard, lo sguardo sarebbe sempre quello di un uomo del Sud».
Devoto a Piero Ciampi, Paolo Conte e Tom Waits quanto alla Beat Generation, il cantautore pulp ha cominciato a scrivere per necessità. «Non saprei dire quando e se sono diventato un musicista, scrivo e basta» racconta. Ma quando nelle sue giornate non c’è la musica, Riccardo si dedica alla pesca ed alla cucina: «Il mare per me è come il fuoco del camino: non riesco a staccargli gli occhi da dosso, soprattutto d’inverno. Quando sono a mare non penso, finalmente. Riguardo alla cucina: parmigiana di melanzane power». Impegnato nel presentare dal vivo il suo nuovo lavoro, Ceres
spera che possa arrivare alle orecchie di molti: «Mi piacerebbe che le persone si interessassero sempre più a quello che ho da dire. Non fa nessuna differenza se con la musica o con le parole. Anche se, per me, le parole e la lingua italiana hanno un significato importante. Vorrei sentir parlare e leggere di più la lingua italiana. Non è una considerazione accademica, né un pensiero patriottico; parlo della bellezza, l’eleganza, l’accortezza, la libertà, la precisione, l’umiltà e la tolleranza che la lingua italiana possiede. Meravigliosa. Un posto in cui tornare, ma mai lo stesso».