«Vento, sono nel cielo della luce e il vento mi porta nel suo movimento ascensionale». Con queste parole fortemente evocative ha esordito l’attore Alessandro D’Ambrosi (recentemente apprezzato su FOX nella serie tv comedy Romolo + Giuly: la Guerra Mondiale Italiana, di cui è anche ideatore) per inaugurare, insieme a Santa De Santis (regista, attrice e sceneggiatrice con cui collabora), le mostre di Serena Galvani all’interno delle scuderie del castello, reso celebre da Federico II di Svevia (qui sono state promulgate le note Costituzioni).
In occasione di Melfi – 1000 anni di storia (l’evento, svoltosi dal 12 al 14 ottobre 2018, è stato organizzato dal Comune di Melfi in collaborazione con il G.F.I. – Gruppo Falconieri Italiani) l’artista, di cui ricordiamo anche il background da storiografa, ha allestito due esposizioni in cui si vola con l’immaginazione e, al contempo, nei luoghi chiave di una città ricca di storia. «Aria, uomini, falchi deriva da una selezione di fotografie, scattate nel corso di sei anni di raduni di falconeria da cui è stato tratto un libro omonimo» ci ha raccontato la Galvani.
«Ho optato per gli scatti più in sintonia con il personaggio di Federico II, scegliendo di richiamare il Medioevo e degli elementi esoterici dato che l’imperatore aveva quell’orientamento». Esempio ne è quella intitolata Metamorfosi (l’uomo-aquila). Colpisce come una foto possa riuscire a rendere il forte legame tra l’essere umano e questi rapaci, è come se il loro volo avverasse il desiderio di libertà.
Sullo stesso filone, ma in contrapposizione al bianco e nero di Aria, uomini, falchi, s’inserisce la mostra Stupor Mundi caratterizzata da colori forti, fra cui il rosso che vuole rappresentare il sangue versato dal popolo melfitano. Tra i vari soggetti spicca l’arcangelo Michele. In questa fotografia, scattata quest’anno durante la festa della Pentecoste, in cui viene rievocato il tragico evento del 1528 passato alla storia come il Sacco di Melfi, la Galvani ha voluto traslare nell’arcangelo Michele il guerriero apparso con colori caravaggeschi, con l’intenzione di mettere in scena il passaggio dal male al bene.
«La fotografia per me è occhio e anima», ci ha confessato l’autrice, trasmettendo con questa definizione ciò che ogni sua foto comunica. Entrambe le esposizioni sono state un veicolo fondamentale nel comprendere maggiormente cosa sia la falconeria (un’arte e una cultura da riscoprire) e quanto il nostro Paese vibri di storia e di luoghi da conoscere e valorizzare.
«Con le sue fotografie Serena Galvani propone un breve viaggio nel tempo affinché lo spettatore possa riconoscersi nei segni del suo passato e nelle sue tradizioni. In questo senso la sua opera ci riporta a un punto di riferimento di cui l’uomo moderno ha sempre più bisogno: la riscoperta del proprio genius loci, chiave di volta per comprendere pienamente il tempo in cui viviamo» (dalla nota ufficiale). Ci auguriamo che queste mostre possano essere presto riallestite così da posare lo sguardo sulle nostre radici.
«La mia fotografia è l’espressione dell’anima, ne documenta i moti e le passioni. È comunicazione di quell’eloquente libertà che si protrae nella mente e nei sogni… Esiste nell’infinito movimento, così come la vita», non a caso sembra proprio di compiere un viaggio laddove l’uomo non può arrivare fisicamente.