Maurizio Mattioli, classe 1950, è uno dei più grandi protagonisti della commedia italiana. Durante la sua carriera artistica ottiene molti ruoli teatrali e cinematografici, lavora con registi del calibro dei fratelli Vanzina, Paolo Genovese e Maurizio Casagrande. In molti lo ricordano come Augusto dei Cesaroni. Sin da ragazzino ha la capacità di far ridere, ha una simpatia travolgente e la sua vena comica trova presto spazio nella compagnia del Bagaglino, fondata nel 1965 da Pierfrancesco Pingitore.
Ci sembri da sempre un buongustaio, che rapporto hai con il cibo?
Io mangio molto, lo sanno tutti. Una volta dopo gli spettacoli teatrali si andava a mangiare tutti insieme, dopo la mezzanotte, ora invece andando avanti con l’età bisogna darsi una regolata e seguire un’alimentazione equilibrata.
L’appuntamento a tavola è ancora un momento conviviale?
Io purtroppo ho una famiglia un po’ ridotta: siamo io e mia figlia, ho perso mia moglie e io non sono più un girandolone, però capita per lavoro di incontrarsi con gli amici a cena. È un momento per farsi un sorriso, raccontarsi qualcosa, un momento buono per la comunicazione.
È da poco uscito il film di Stefano Anselmi che ti ha visto tra i personaggi, vuoi dirci qualcosa a riguardo?
“Non è vero ma ci credo” è una favola a lieto fine che si può andare a vedere la domenica con la famiglia. Ho accettato con grande piacere di recitare questo ruolo, è una commedia della regia di Stefano Anselmi nelle sale dal 4 ottobre, una commedia allegra e piena di sorrisi.
Sei stato uno dei pochi a lavorare con Veronica Lario, in “Magnifico Cornuto” di Enrico Maria Salerno. Che ricordo hai?
Veronica è una bella persona, pulita, mi ricordo che eravamo senza soldi e che a Bologna spesso ci cucinava sua madre.
Se dovessi fare l’ultima telefonata della tua vita?
Avrei un paio di persone da chiamare, ma per prima cosa telefonerei a mia figlia.
Con quale regista ti piacerebbe lavorare?
Paolo Sorrentino.
C’e una persona che istintivamente ti senti di ringraziare?
Carlo Vanzina, perché i fratelli Vanzina mi hanno aiutato anche in cose concrete quando ho davvero avuto bisogno di aiuto.
Che rapporto hai con la fede?
Mi considero un uomo di fede, sono un cattolico non praticante, ho un rapporto intimo e solitario con la fede, prego tutti i giorni.
Come hai affrontato il dolore della perdita di tua moglie?
È rimasta paralizzata 7 anni dopo un incidente. Ciò che mi ha fatto soffrire più di tutto non è stata tanto la mancanza, quanto non poter decidere della sua vita: lei avrebbe voluto e potuto morire prima, è stata una sofferenza fisica ingiustificata.
Sei stato arrestato e poi assolto per droga. L’Italia è un paese che perdona?
Sì, ma negli anni ‘70/‘80 le persone venivano arrestate anche sotto la soffiata di un mafioso, se un pregiudicato diceva qualcosa l’altra persona veniva arrestata. In quel periodo si sono verificati diversi suicidi.
Meglio il cinema o il teatro?
Per certi aspetti il teatro è più intimo e raccolto, permette un rapporto ravvicinato con il pubblico.
Se non avessi fatto l’attore, che lavoro avresti fatto?
Probabilmente il telefonista, mi ero iscritto al colloquio per ricevere il posto, ma alla fine non mi sono presentato.
Ci racconti un episodio OFF della tua carriera?
Riguarda Lando Fiorini: ogni anno mi chiedeva di prendere un caffè, diceva di volermi vedere perché facevo ridere. Dopo ogni caffè la stessa frase: “ti faccio sapere”. Al terzo anno ho pensato “tutti questi caffè non ci faranno male?” e poi mi ha preso per lavorare con lui.