Riprendersi la vittoria: un libro per celebrare il 4 Novembre

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Riprendersi la vittoria: un libro per celebrare il 4 NovembreOre tre pomeridiane del 4 novembre 1918: a trentasei ore dalla firma dell’armistizio di Villa Giusti tacciono le armi sul fronte del Piave. La battaglia di Vittorio Veneto si concluderà con la netta vittoria del Regio Esercito sull’armata austro-ungarica. «I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza», annuncerà il generale Armando Diaz.

Come affronta l’Italia, cento anni dopo, la memoria di tali eventi? Se, per la generazione che visse la Grande Guerra, essa fu l’evento fondante dell’identità italiana, la conclusione definitiva dei moti di indipendenza dal giogo austriaco e una fucina di eroi quali Toti, Sauro, Battisti, per la maggior parte dei nostri contemporanei è un ricordo sbiadito e insignificante, se non proprio una bruttura della Storia che merita soltanto di essere dimenticata.

«La Prima guerra mondiale è un evento cruciale per la nostra storia nazionale e noi, letteralmente, non sappiamo che farne». , ciò che ha spinto il giornalista Stelio Fergola a dare alle stampe il suo terzo libro, Riprendersi la Vittoria – Perché gli italiani non devono dimenticare la Grande Guerra, edito dalla casa editrice Passaggio al Bosco all’interno della collana Bastian Contrari, con la prefazione curata da Adriano Scianca.

Obiettivo della ricerca di Fergola sono le cause che hanno determinato, fin dal secondo dopoguerra ma in particolare dal ’68 in poi, l’oblio della Prima guerra mondiale dalla memoria collettiva degli italiani, di fatto riducendo quella del 4 novembre a una generica celebrazione delle forze armate e sminuendo il profondo significato che la vittoria ebbe sulla società e sulla politica italiana. Ciò nasce non solo a causa di una certa storiografia orientata all’esaltazione dei lati più oscuri della guerra rispetto ai suoi risultati, con la celebrazione postuma della figura dei disertori -i cui veri numeri sono stati spesso riportati in modo esagerato, così come gli episodi di ammutinamenti ed esecuzioni – ma anche, secondo l’autore, dal filone cinematografico del neorealismo e dei film ad esso ispirati: pellicole come La grande guerra di Mario Monicelli, o Tutti a casa! di Luigi Comencini, in cui i soldati vengono dipinti come «fondamentalmente ignavi, vittime del conflitto, non stimolati da nessuna vera credenza» e dove «il mito dell’italiano anti-eroico trova nuova linfa», complice la vergogna scaturita dalla disfatta dell’8 settembre 1943, la quale, assieme alla «progressiva egemonia culturale» della sinistra ha, secondo l’autore, «consolidato il processo dogmatico dell’antimilitarismo».

«La Grande guerra», scrive Scianca nella prefazione al testo, «resta un fenomeno inspiegabile alla luce delle visioni di comodo ispirate all’antimilitarismo aprioristico e al pacifismo ad oltranza, in cui il fatto bellico viene semplicemente derubricato a ubriacatura fanatica e follia sciovinista». L’ideale del ripudio totale della guerra, assorbito dalla ricerca storiografica nato tra gli anni sessanta e settanta, ha secondo Fergola trovato particolare terreno fertile in Italia, in quanto funzionale «alla necessità di ispirarsi alle democrazie d’oltreoceano», bollando il patriottismo come radice degli impulsi guerrafondai. La guerra: l’azione umana che, lungi dall’autore esaltarla come fece il Marinetti, siamo oggi incapaci sia di comprenderla che di affrontarla, nutrendo l’illusione che essa possa diventare un lontano ricordo. «Facciamola, ma sotto voce, e comunque solo “laggiù”. Ma la guerra fa parte della vita e della storia. Va capita, va affrontata, anche solo per evitare di farla in modo gratuito o sconsiderato».

Fu vera gloria, quella dell’Italia di Vittorio Veneto? L’autore a riguardo non nutre dubbi, e non si limita a riportare le biografie dei soldati più celebri che, col loro sacrificio, si immolarono per la nazione, ma documenta con precisione come, al netto degli inevitabili errori ed orrori tipici di ogni conflitto, e della sconfitta subita nella battaglia di Caporetto, il sacrificio dei soldati del Regio Esercito fu determinante tanto per l’indipendenza italiana quanto per le sorti geopolitiche dell’intero continente. Ora che il Governo ha approvato, a larga maggioranza, le celebrazioni per il centenario, è più che mai necessario riprendersi la vittoria nel modo più giusto: conoscendola.