Legge Basaglia, fondamentale ma da cambiare

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“Morire di classe” è un reportage di Gianni Berengo Gardin e Carla Cerati del 1969
Franco Basaglia, Ph. MLucan [creativecommons.org], Wikimedia Commons

In occasione delle “celebrazioni” per i 40 anni della Legge Basaglia non si può prescindere da una valutazione anche fortemente critica, nonostante il coro quasi unanime di chi profonde solo lodi.

Gli omicidi, i suicidi e le violenze, riconducibili ai cosiddetti “malati di mente”, rendono, infatti, sempre più urgente una revisione della cosiddetta Legge 180: tanto per intenderci, quella che chiuse i manicomi.

Ogni volta però che qualcuno osa solo pensare di intervenire su questa Legge, viene immediatamente bloccato da un mare di polemiche. Perché?

A mio avviso, tali polemiche, del tutto ingiustificabili, sono riferibili ai seguenti punti:

  1. speculazioni politiche di parte
  2. difesa di concetti, considerati come dei “dogmi”
  3. ignoranza della materia
  4. il desiderio di mantenere una posizione di minor rischio personale e professionale 

Tutti a quattro sono comprensibili ma non più accettabili.

La Legge 180 è sicuramente da riformare e con urgenza!
Non ne siete sicuri?

Bertrand Russell affermava: “il danno arrecato da una religione è di due specie: uno dipende dalla natura generica della fede, l’altro dalla natura particolare dei dogmi accettati. Per quanto riguarda la natura della fede, si ritiene virtuoso credere, avere cioè una convinzione che non tentenna di fronte ad evidenze contrarie, e se l’evidenza contraria fa sorgere dubbi, ritiene di doverli sopprimere“.

Queste parole mi sembra ben ci aiutino a capire le ferme opposizioni a qualsivoglia modifica della Legge 180, da parte degli individui appartenenti alle prime due categorie che stiamo prendendo in esame. Il loro dogma è: la malattia mentale non esiste. Per loro a nulla valgono i pressanti appelli, che ormai da 40 anni provengono dai parenti dei “malati”, ugualmente distribuiti fra destra e sinistra.

Scriveva Enzo Biagi: “Abbiamo rotto lo specchio, i manicomi, perché non riflettessero la realtà, in nome della dignità personale. Come se i parenti dei malati di mente non meritassero rispetto ed aiuto. Quanti delitti in nome della libertà“.

Ma c’è di più, Antonello Trombadori, che da deputato comunista votò la legge, se ne pentì molto presto: «la legge 180 prevede due soluzioni per chi soffre di mente: o il nulla, o il manicomio criminale per quelli che ammazzano».

E veniamo alla terza categoria degli oppositori alla riforma della 180: gli ignoranti, ovviamente solo della materia specifica. Questa è la categoria più pericolosa, perché sicuramente in buona fede e la più numerosa. Soprattutto per loro scrivo queste parole, con la convinzione che siano desiderosi di apprendere anche altri aspetti di una verità troppo spesso comunicata a senso unico.

Sono medico da quarant’anni, neurologo da 35 ed ho esercitato la professione di neuropsichiatra anche in altri paesi: gli USA e la Francia. Ho vissuto la crisi della psichiatria tradizionale, la nascita della cosiddetta antipsichiatria, l’invasione, spesso accettata acriticamente, delle teorie psicoanalitiche più disparate, fra le quali quella che arrivava a negare l’esistenza della malattia psichica classificandola invece come un fenomeno sociale. Ho visto utilizzare gli elettroshock ed ho seguito film-documentari come Qualcuno volò sul nido del cuculo, che sicuramente influenzarono anche i legislatori, nei lontani anni ’70. Considero la 180, per alcuni aspetti, come una legge innovativa e lodevole, che ha trasformato l’assistenza psichiatrica da quasi esclusivamente custodialistica a terapeutico-riabilitativa.

Mi sento però veramente disarmata, nella pratica clinica, ogni volta che non posso dare risposte accettabili, né tanto meno soluzioni, a tutti quei genitori, fratelli o coniugi di pazienti affetti da gravi turbe psichiche e che l’attuale testo di legge lascia quasi completamente allo sbaraglio.

Ancora di più sono sconcertata ad ogni notizia, sempre più frequente, di delitti compiuti da malati psichiatrici lasciati a se stessi. Infatti gli articoli della legge 180, poi recepiti nel dicembre dello stesso anno nella legge 833, hanno determinato che il malato psichico grave sia altrettanto libero e responsabile quanto una persona sana, per scoprire che non lo è per nulla solo nel momento in cui compie un reato!

Silvia Bencinelli, medico e giornalista, scrisse così: “una legge dello Stato italiano ha riconosciuto in termini giuridici l’obsolescenza del concetto per cui il malato di mente è pericoloso per sé e per gli altri! Infatti, contestualmente all’approvazione della legge 180, fu espunto dal Codice Penale il concetto di pericolosità per malattia mentale“.

Crazy God, Ph. Yvonne De Rosa, http://yvonnederosa.blogspot.it

Ma allora che strumenti abbiamo per prevenire i crimini commessi su persone inermi, dai cosiddetti folli? Sono necessarie urgentissime modifiche alla 180, fra le quali l’istituzione di un Pronto Soccorso Psichiatrico e la configurazione di responsabilità civili e penali per quegli psichiatri che dimettono gli psicotici gravi e/o pericolosi. Quanti pazienti sono morti proprio perché liberi di non curarsi? E quante sono le vittime innocenti a causa di queste mancate cure?

La maggior parte dei cittadini ignora questa angosciante realtà.

Più incomprensibili sono infine le ragioni del quarto gruppo di fieri oppositori alla riforma della legge: sono contrari quasi tutti gli psichiatri. Come mai?

Alcuni ricadono nelle categorie di chi segue dogmi non criticabili “a prescindere”. Non posso invece pensare che per altri questa legge vada benissimo, perché li esonera dai rischi o anche solo dai fastidi che una sua revisione potrebbe comportare.

Vi stupite? Il ristabilire, con una modifica, il concetto di: “pericolosità per sé e per gli altri”, del grave malato psichico, incredibilmente eliminato dalla 180, ripristinerebbe l’obbligo di segnalare il paziente, giudicato pericoloso, alle autorità competenti. Giusto? Mi sembra proprio di sì: è l’unico mezzo per cercare di prevenire eventi spesso fatali sia per il paziente che per i suoi cari. Riporto solo un brano del documento redatto da una Sezione della Società Italiana di Psichiatria: “…esprimiamo il nostro totale dissenso ad una proposta di legge di riforma alla 180, che sembra riappropriarsi di modelli culturali esclusivamente caratterizzati da una logica della custodia e della costrizione del malato mentale …”.

Giudicate voi, che adesso non ignorate più alcuni dei problemi legati alla urgente e necessaria modifica della Legge Basaglia che oggi compie 40 anni: legge dalle maglie troppo larghe, da cui sono passate, forse per la fretta di promulgarla, molte disattenzioni ed alcuni errori gravi che continuano a provocare danni in primo luogo ai pazienti, ai loro parenti ma anche a noi tutti.