Non è un caso che a 31 anni Jacopo Cardillo, in arte Jago, possa già vantare mostre in spazi museali italiani e una Biennale di Venezia (la 54a). Jago ha iniziato a farsi conoscere nel mondo dell’arte a partire dal 2009 con l’esecuzione di un busto marmoreo di Papa Benedetto XVI, poi spogliato della veste ecclesiastica in seguito alle dimissioni del Pontefice, generando così l’opera Habemus Hominem. Il papa è nudo, che nel 2012 gli è valsa l’Onorificenza della Santa Sede Medaglia Pontificia.
L’indiscussa capacità esecutiva di Jago (molti si domandano stupefatti se le sue sculture siano stampe 3D o chissà quale altra diavoleria: nulla di tutto ciò, è “solo” tutto marmo lavorato a mano e scalpello) si accompagna alla capacità di penetrare nell’intimo dell’opera liberandone con potenza l’intrinseca sostanza, come nella succitata Habemus Hominem o nella più recente Excalibur (2016), dove l’artista rielabora il celebre mito“conficcando” un mitragliatore AK-47 in marmo all’interno della pietra, denunciando così la compravendita delle armi. Jago agile lavoratore dell’Arte dunque, ma anche social man, per una non scontata capacità di comunicare l’iter della sua produzione attraverso i canali digitali.
Questo diventa evidente nel momento in cui si osservano le sue produzioni video, dove l’artista ci spiega la genesi di ciascun lavoro in modo originale e creativo, fattore che ci porta a considerare questi filmati come elementi aggiuntivi alle sue sculture, facendosi così essi stessi Arte, proprio perché divengono un’integrazione alle stesse opere.
Da quello che abbiamo detto, si evince come Jacopo Cardillo–Jago, sia in grado di unire estetica e concetto, ma anche artigianato e componente social e digitale, sapendo parlare dell’uomo e del mondo con profondità, ma anche con pungente ironia.