Marziale e le concerie di Pompei

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OLYMPUS DIGITAL CAMERAMarziale, il più salace tra gli epigrammisti latini, in un suo componimento non disdegna di prendersela anche con un ciabattino il quale, al contrario del poeta colto e istruito ma povero, si è arricchito oltremodo e a furia di “stirare coi denti pelli di ciabatte già consunte” ha comprato “i campi prenestini” e fa baldoria, si ubriaca, sfoga nelle taverne i più turpi istinti.

Segno che i calzolai e i pellai, nell’antica Roma, al di là delle facili battute erano artigiani riconosciuti e tenuti in grande considerazione. Ne è prova il ritrovamento a Pompei nel 1873 di una conceria di grandi dimensioni dove venivano fabbricate le pelli per tutta l’area campana; un edificio alla fine della via Stabiana che dal 2008 è sottoposto ad un lungo restauro, sostenuto da Lineapelle e dall’Unic (Unione nazionale industria conciaria), e che da pochi mesi ha ripreso slancio tanto da prospettare di renderlo presto fruibile ai visitatori.

Un ottimo esempio di moderno e intelligente mecenatismo che permetterà di valorizzare un opificio di straordinaria importanza: sarà infatti possibile studiare e capire le fasi della lavorazione delle pelli, i metodi per la concia vegetale e per quella con l’allume di rocca, ma anche ricostruire le condizioni di lavoro e di vita di una classe emergente, come quella degli artigiani, in condizione non solo di costruire, possedere, e abitare gli spazi della fabbrica ma anche di arricchirli con decorazioni artistiche: impreziosisce il triclinio, cioè la sala da pranzo, di questo edificio un bellissimo pavimento a mosaico che raffigura gli attrezzi del mestiere e un teschio, una sorta di “memento mori” a simboleggiare, nella più tipica dimensione epicurea, la brevità della vita e la necessità di godersela.