Quel maledetto giorno in cui volli conoscere il mio aguzzino

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#legittimadifesa_ilgiornaleoff_iiLa mia è una storia a lieto fine, una di quelle storie che squarciano le tenebre, che possono ridare speranza a tutte quelle donne che vivono nella paura, nel giogo di un uomo violento. Mi chiamo Francesca o forse Teresa o Giulia o Chiara e la mia storia è quella di tante donne, forse alcune meno fortunate di me, ed è per questo che racconto per la rubrica #legittimadifesa questo capitolo doloroso della mia vita.

Dopo un matrimonio durato parecchi anni ho conosciuto lui, il mostro, come chiamo il mio carnefice. Spesso consideriamo “pazzi” soltanto quegli individui antisociali che fanno cose strane. ma non ci si rende conto che esistono altri “mostri”, molto più pericolosi: sono individui che creano una falsa immagine di loro stessi e che davvero riescono a crearsi un facsimile di vita, ma tutto ciò che desiderano poi distruggono.

Non dimenticherò mai quell’aperitivo con le amiche: era il 27 Febbraio 2015 ed ero da poco uscita dalla fine del mio matrimonio, tra una risata e una confessione le mie amiche mi convinsero a scaricare una di quelle app per incontrare l’anima gemella. Lo vidi in foto: era alto, bello, giovane, maschio, misterioso, con un fantastico sorriso. Tempo quattro giorni e ci incontrammo: da quel giorno non ci lasciammo, fino a che non fui io a chiudere per la disperazione, ventun mesi dopo. Non perse tempo a farmi conoscere la sua famiglia, perché diceva che intendeva “creare qualcosa di serio”; forse era stato soltanto sfortunato a non trovare la donna della sua vita, oppure aveva deciso di mettere la testa a posto, pensavo…

Inizialmente il “mostro” era un fantastico amante, un uomo buono, dolce e premuroso, ma quasi da subito cominciò a rivelare una parte oscura di sé, che inizialmente scambiai per un carattere solo un po’ difficile. Mi rendo conto soltanto adesso che avrei dovuto farmi qualche domanda…

All’inizio sono stata travolta da una passione sfrenata, ma nello stesso tempo la sua presenza costante diventava controllo, l’affetto in gelosia, i confronti in scenate. Viveva nel sospetto più completo: io ero quella troppo socievole, ero quella che gli mentiva, che si comportava male, che non sapeva cucinare, che non sapeva fare niente. Dovevo camminare con gli occhi bassi, al ristorante dovevo sedermi con la faccia al muro e dove non potevo nemmeno ordinare. Dovevo persino nascondergli i colloqui di lavoro, perché poi era sempre la stessa menata: “poi conosci qualcun altro e ti portano via”.

Nonostante in pubblico si mostrasse un uomo integro, gentile, premuroso ed educato, le esplosioni di rabbia si facevano più frequenti, insieme ai litigi e alle violenze psicologiche. Io sapevo che c’era qualcosa che non andava. Lo allontanavo, lo lasciavo, ma quando tornava nel giro di qualche ora o giorno con le sue solite promesse, me lo riprendevo. Il giochino era perverso. Per cercare di farmi desistere, prometteva e ammetteva gli errori, ma tempo un paio di giorni, tornava il solito tormentone.

stalking_5-450x300Così fino al 18 Ottobre 2016, il giorno del suo compleanno. Avevamo litigato via messaggio al mattino. La sera prima avevo aspettato la mezzanotte per essere la prima a fargli gli auguri, ma lui era già arrabbiato, perché mi ero iscritta nel gruppo Facebook del paesello di mia madre. Così il mattino seguente, dopo una serie di messaggi infiniti, mi citofonò dicendomi che era venuto per “ricevere personalmente i suoi auguri”. Ero stanca, sfinita, triste e amareggiata. In quell’occasione prese il mio telefono, come spesso faceva, per controllare telefonate e messaggi: mi sentii per l’ennesima volta prigioniera in casa mia, tormentata, aggredita, limitata. Con una mano teneva il telefono e con l’altra mi teneva bloccata sul letto. Ebbi una reazione disperata, mi diressi alla finestra per gridare aiuto: non ne potevo più, ma prima che riuscissi a gridare mi aveva raggiunto e scaraventato a terra. «Lurida stronza”- mi disse mentre piangevo rannicchiata nel mio letto – “ hai rovinato il giorno del mio compleanno!». Se ne andò ma poco dopo mi mandò un messaggio “Ti amo gioia, io per te ci sarò sempre!”. Era completamente fuori di testa.

I giorni seguenti furono un susseguirsi di messaggi deliranti e fotografie e nonostante tutto accettai di nuovo di incontrarlo: uscimmo a cena e fu una serata, come tante altre già vissute. Lui impeccabile, bello e apparentemente tranquillo. Si dichiarava “innamorato”. Passammo la notte assieme e il mattino dopo, mentre facevamo colazione, gli dissi: «Che bello quando siamo così tranquilli. Perché non può essere così, sempre?». Lui li mi diede la risposta che mi fece capire che forse le cose non sarebbero mai cambiate: «Perché ci sono delle cose che fai, che non mi vanno», riattaccò con la solita interminabile discussione.

Non ero ancora convinta, così feci qualcosa che sapevo mi avrebbe dato la prova schiacciante: accettai la sua richiesta di amicizia su Facebook, in due giorni ero tempestata dalle accuse di ipotetici tradimenti. Fu allora che a quel punto gli chiesi di uscire dalla mia vita chiudendo tutti i canali di contatto: dalle telefonate agli sms, whatsapp, e tutti i social. Fu doloroso, ma finalmente RESPIRAVO! Non mancarono le sue dimostrazioni d’amore, i suoi piagnistei e le sue promesse; ero ancora molto coinvolta, ma ero decisa a chiudere definitivamente. Così decisi di non avere più nessun contatto.

Sono in terapia da un anno e finalmente sono molto più serena: non ho certificazioni mediche, ma ho tutti i motivi per pensare che fosse una persona molto disturbata. Avrei dovuto denunciarlo, ma non l’ho fatto; sono stata una vittima passiva e non mi sono voluta abbastanza bene. Adesso sto recuperando: ora è come se avessi di nuovo tutti e cinque i sensi, ho consapevolezza di me stessa e desidero essere utile ad altre donne, o anche uomini, perché anche gli uomini spesso sono soggetti a violenze psicologiche da parte di donne disturbate. La mia storia è a lieto fine rispetto ad altre in cui donne ci hanno rimesso la vita ma, forse, l’ho fatta finire proprio prima che qualcuno mi portasse i fiori sulla tomba.

La rubrica di OFF #legittimadifesa è un’iniziativa in collaborazione con UNAVI Unione Nazionale Vittime

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