Il caso Ucraina ha segnato e sta segnando la storia in modo sanguinoso. Una tremenda guerra civile, scoppiata tra sostenitori del governo di Kiev e esponenti filo-russi, sta dilaniando l’ex repubblica sovietica da quando, nel dicembre del 2013, l’ormai ex presidente Yanukovych scelse di interrompere le trattative di libero scambio con l’Unione Europea a favore di un accordo con Mosca, scatenando le proteste di chi invece sperava di abbracciare l’Europa.
Uno scenario controverso politicamente nel quale si trova un fotoreporter italiano, Andrea Chiarucci. E’ il 2 maggio 2014 quando la “Casa dei sindacati” di Odessa prende fuoco durante gravi scontri di piazza. Un rogo incontrollato che costerà la vita a 48 persone. Il fotografo italiano che assiste alla tragedia racconta a ilgiornaleoff.it: “Ero appena rientrato a casa quando sentii dalla televisione del tremendo incendio. Ascoltai e lessi le cronache al riguardo, capii subito che qualcosa non tornava. Il mio intento una volta arrivato sul posto, e dopo aver percorso le vie attorno alla piazza e al palazzo ridotto ormai ad uno scheletro per le fiamme, era solo uno: fotografare, fotografare, fotografare. Per fissare una volta per tutte la realtà che mi si è svelata. Contattai alcune persone del luogo conosciute in viaggi precedenti per poter avere un quadro più approfondito dell’accaduto, ho imparato a conoscere quelle terre e come vengono affrontati i problemi. Alla fine -conclude Chiarucci- capii che non si trattava solo di un incendio”.
E in effetti non di solo incendio si è trattato. Subito dopo l’ accaduto venne istituita una commissione allo scopo di chiarire la vicenda. Nel settembre la sentenza. Alla Casa dei sindacati si era verificato un massacro prima che il rogo inglobasse l’ intera struttura. Manifestanti filorussi erano stati attaccati dai rappresentanti della fazione opposta e da hooligans di due squadre di calcio locali che aspettavano la partita, sotto gli occhi indifferenti della polizia locale. Aggiunge Chiarucci: “Sembrerebbe addirittura un assalto premeditato: durante quelle ore presi contatto con un poliziotto che mi raccontò di essersi dimesso dall’arma pochi giorni prima: sapeva che quel giorno il 2 maggio sarebbe accaduto qualcosa”. Dopo la tragedia il palazzo rimase accessibile alle commemorazioni, un permesso che però durò solo tre giorni, “so che il governo ha deciso di abbattere quel palazzo, ha deciso di cancellare il ricordo di quelle terribili ore dalla memoria del paese -aggiunge Chiarucci- del resto per la stampa internazionale notizie come questa lasciano il tempo che trovano”.
“A mio avviso “ prosegue Chiarucci “i media sono oggi per la maggior parte ad uno de punti più bassi della storia del giornalismo: giornalmente in Ucraina accadono atrocità che l’Europa non vuole vedere. Questo mio reportage vuole essere un piccolo contributo a non dimenticare la peggiore di tutte le guerre, quella civile. Un reportage in memoria di tutte quelle per lo più giovani vite massacrate, vite e verità disonorate fin da subito dalle menzogne dei governi-stampa occidentali, i quali hanno fatto a gara per sopire e troncare la reale portata della notizia per poi solo successivamente, e solo in parte, correggere il tiro, incalzati dalle verità emerse”.
Per capire cosa davvero sta succedendo in Ucraina meglio affidarsi a uno sguardo indipendente rispetto ai condizinamenti della stampa occidentale. A uno come Chiarucci, appunto.