Questa Italia ha paura del nuovo, ma può “guarire”

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Se un monaco Zen fa il camorrista a “Gomorra”L’Italia è un Paese che non sa promuovere le eccellenze: nel gruppo di fuga di cervelli all’estero riscontriamo infatti un’illustre presenza, l’attore cinematografico e di teatro Pasquale Esposito, che è nato a Napoli, vive ad Amburgo, ha lavorato a Los Angeles e insegna all’Università di Huddersfield, dove insegna Mindfulness and Performance agli studenti d’arte. E già questo è un paradosso.

Ma Esposito, oltre che attore, è un monaco Zen ed è tra i nuovi volti di Gomorra3, dove interpreta O Sciarmant, un boss dell’area del centro storico di Napoli appartenente a una generazione diversa da quella delle giovani anime perdute che in questa terza stagione prendono il posto dei padri e scendono negli inferi.

Un monaco Zen a fare il “camorrista”, con lotte e alleanze di potere a fare da colonna portante! (in effetti quando la produzione gli propose il ruolo, lui di primo acchito reagì con tanto d’occhi…). Ma questo è un paradosso apparente, perché il suo essere attore è nutrito dalla scelta di seguire il Buddismo Zen come il sangue il corpo: esperienza diretta.

Per il Buddhismo Zen ogni cosa è espressione di qualcos’altro che non vediamo (il “velo di Maya” di cui ci parlava il “tedeschissimo” e occidentale filosofo Arthur Schopenhauer) e per Pasquale Esposito questo si traduce nel fronteggiare l’ignoto, che non è da intendersi nell’accezione deteriore del termine: paradossalmente (qui siamo nel regno dei paradossi) significa mettere un piede laddove sentiero non v’è, unica “non via” per scoprire la verità. Tradotto: mettersi in relazione con l’altro da sé.

La pratica buddhista ha permesso proprio a Pasquale Esposito, che nel cinema ha fatto sempre ricoperto il ruolo del personaggio “buono”, di vedere la vulnerabilità del personaggio violento al di là del cliché “ammazza-ammazza”,  vedendo che la violenza vive come espressione inevitabile di un contesto: il suo personaggio si sviluppa nell’ambito della guerra fra la vecchia generazione di boss  e i loro giovani epigoni, anche più “cattivi” dei predecessori. E qui l’ignoto, il “non sentiero”, è la “soglia” in cui  perdersi per poi ritrovarsi: io vado con l’altro, l’altro è la soglia dove io già sono. Io, attore, non devo interessarmi al mio, alla mia battuta, ma a quello che l’altro-da-me vuole dire, questo sconosciuto che interpreto. E’ una soglia che non esclude, non separa, ma include e integra.

Ph. Pepe Russo
Ph. Pepe Russo

Proprio come nella sua esperienza di napoletano doc che alla fine si è affermato fuori dall’Italia.

Tutto ciò insegna due cose: la prima è che non tutto è perduto (il N. Y. Times riferisce che Gomorra è fra le migliori serie tv al mondo). La seconda: per rinascere, l’Italia deve lavorare su se stessa come nello Zen, perché la rivoluzione esteriore è solo un lavoro di facciata, quel che conta è la rivoluzione dall’interno, la più difficile ma anche la più soddisfacente.

«L’Italia ha paura del nuovo, afferma Esposito. Io ho cambiato città, cambiato Paese, e ho fatto tutto altrove. L’Italia è una Repubblica basata sul lamento. Cambierà? Come educazione Zen affrontare il ruolo di un boss di Forcella per me è stato una “buona chance”: ho affrontato me stesso. Perché, conclude, se vuoi conoscere la realtà devi prima affrontare te stesso».

Italia, Italia, imparerai mai da te stessa?

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